Iran. In arrivo l’Internet halal
In Iran internet verrà progressivamente sostituita da un network locale gestito direttamente dalle autorità governative. Quali sono le reali motivazioni che si celano dietro a questa scelta? All’orizzonte uno scontro sempre più aspro per il controllo della rete globale.
Domenica 23 settembre l’avvio del processo di nazionalizzazione della rete internet iraniana è stato scandito da due eventi distinti tra loro. Prima, in diretta televisiva è stato annunciata l’imminente esclusione diGoogle e Gmail dall’infosfera persiana: sono stati cioè innalzati muri elettronici per impedirne definitivamente l’accesso agli utenti locali. Poche ore e le agenzie di stampa hanno battuto un secondo flash con le dichiarazioni del viceministro della Comunicazione e della Tecnologia: l’Iran ha connesso tutte le sue agenzie governative ad un servizio Internet interno sicuro e pianifica di collegare i suoi cittadini allo stesso network per aumentare il livello di garanzia informatica.
L’avvio della realizzazione di una intranet halal (la cui ultimazione è prevista per il marzo del 2013) è il punto di convergenza di un insieme di tendenze che vanno colte nella loro specificità. Pena, il rischio di accodarsi alla cacofonia globale scatenatasi intorno alla sterile polemica sull’attacco alla libertà di espressione perpetrata dal regime degli ayatollah contro i suoi cittadini. Fatto che è senz’altro vero ma che non può essere adottato come unica chiave di lettura di una vicenda ben più complessa. Prosegui la lettura »
Youtube e la perdita dell’innocenza
Scritto da iff in Battleground il Settembre 22, 2012
La pubblicazione del trailer del film The innocence of Muslim sta lasciando solchi profondi nella strategia delle transizioni democratiche made in usa. L’assalto alla sede diplomatica statunitense in Libia è arrivata fino in rete. E l’incendio più che ad infiammare i paesi arabi, sembra divampare nella Casa Bianca ad un passo dalle elezioni.
Dopo i fatti che l’11 settembre hanno visto in Libia la morte di otto persone, compresa quella dell’ambasciatore statunitense Chris Stevens, la Casa Bianca si è immediatamente attivata per limitare i danni anche in rete. E venerdì, mentre due navi da guerra incrociavano nel Mediterraneo dirette verso le coste libiche, a Washington la corazzata del Dipartimento di Stato cominciava le grandi manovre e dirigeva la prua a dritta su Google. Obiettivo della missione: far rimuovere da Youtube quel video che tanti imbarazzi stava causando all’amministrazione statunitense. Ma a Mountain View non ci stanno. No, quel filmato, dicono, non viola le nostre policy. E resta dov’è. O quasi, perché lo spazio dei flussi di informazione ha una geometria variabile. Prosegui la lettura »
L’Ecuador dice si all’asilo politico per Assange. È scontro con Londra
Scritto da iff in Battleground il Agosto 18, 2012
Si respira un clima da resa dei conti intorno all’ambasciata ecuadoregna a Londra. Al numero tre di Hans Crescent una miscela esplosiva di colpi di scena potrebbe far scoppiare una crisi diplomatica senza precedenti. Ad accendere la miccia è ancora lui, l’uomo più ricercato del mondo: Julian Assange.
Le voci si rincorrevano da giorni ormai. Dopo aver trascorso quasi due mesi barricato nell’ambasciata ecuadoregna a Londra, le acque cominciavano a muoversi e Julian Assange stava per prendere il largo. Tutto lasciava presagire che Rafael Correa, presidente del piccolo stato sud americano, fosse intenzionato a concedere l’asilo politico al leader di Wikileaks. Una soluzione intentata per salvarlo dalle accuse di abuso sessuale – mossegli da un tribunale di Stoccolma – e dalla spada di Damocle dell’estradizione negli Stati Uniti, dove lo attende un processo per spionaggio ed una probabile condanna a morte. Alle ore 14 italiane la notizia diventa ufficiale. Il ministro degli esteri Ricardo Patino in una drammatica conferenza stampa conferma l’asilo politico per l’ex hacker australiano. Ma Londra non ci sta e decide di mettersi di traverso. Prosegui la lettura »
Intercettazioni cilene. Nuovi retroscena sul “caso Bombas”
Scritto da iff in Sorveglianza il Agosto 12, 2012
Altro che bombas. L’inchiesta che ha portato in carcere 14 anarchici cileni si sta dimostrando un caso di sorveglianza digitale pervasiva. A denunciarlo una mail anonima inviata al portale Cryptome.org.
Sono allarmanti le rivelazioni apparse pochi giorni fa sul portale Cryptome.org. Il sito, che da ormai diversi anni divulga documenti riservati, ha pubblicato una mail – mittente anonimo e titolo sibilino: “Comments from Chile” – dove emerge l’ampio ricorso a metodologie e tecniche pervasive di sorveglianza digitale adottate dalle forze dell’ordine di Santiago. A farne le spese sono stati alcuni collettivi anarchici locali, coinvolti strumentalmente in un’inchiesta durata quattro anni che ha toccato più di duecento persone ed alcuni paesi stranieri (Italia compresa).
Il “caso Bombas”
La vicenda in questione è quella salita agli altari della cronaca sotto il nome di “Caso Bombas”. Si tratta di un’indagine della polizia cilena in merito ad una serie di esplosioni verificatesi a Santiago a partire dal 2005. A finire nel mirino sono stati alcune decine di “okupa” cileni, colpiti il 14 agosto 2010 da gravi provvedimenti restrittivi che hanno portato all’arresto di quattordici persone. Nove rimarranno in carcere per quasi due anni con accuse pesantissime sulle spalle: prima fra tutte quella di associazione illecita con finalità di terrorismo. Prosegui la lettura »
Pronto? Skype ti ascolta
Scritto da iff in Sorveglianza il Agosto 2, 2012
Avviso ai naviganti. La privacy su Skype fa acqua da tutte le parti. Ed il mito della sua impenetrabilità cola a picco. È tempo di abbandonare la nave?
Una settimana nell’occhio del ciclone per la l’azienda produttrice del software di telefonia VOIP (Voice over IP) più popolare al mondo. Skype, acquistata poco più di un anno fa da Microsoft per la cifra da capogiro di 8,5 miliardi di dollari, è finita al centro delle polemiche per aver siglato dei nuovi protocolli di collaborazione con le autorità di polizia statunitensi. Grazie al suo ausilio tecnico, l’FBI ed altre agenzie di intelligence si troverebbero ora nelle condizioni di entrare facilmente in possesso dei dati personali e delle conversazioni degli utenti. È quanto sostenuto da un articolo apparso sul Washignton Post pochi giorni fa.
Dubbi, segreti e bug nel codice
Quella del quotidiano statunitense è una notevole stoccata al mito dell’impenetrabilità di Skype. L’ennesima a dire la verità. Nata nel 2003, acquistata da Ebay nel 2005 e passata poi sotto l’ombrello di casa Redmon nel 2011, Skype era originariamente basata su un’efficace combinazione di crittografia forte e di un’architettura P2P decentralizzata. Fatto che rendeva l’intercettazione delle chiamate internet e delle sessioni di chat da parte delle autorità quantomeno complessa. Ma certo, non impossibile. Prosegui la lettura »
L’occhio elettronico di Washington sul movimento No War
Scritto da iff in Sorveglianza il Luglio 17, 2012
Washington sorvegliava in modo esteso il movimento No War italiano nel 2003. È quanto emerge da due cable pubblicati da Wikileaks in questi giorni.
Tempismo perfetto. Quello a cui Wikileaks, nel bene e nel male, ci ha abituato negli ultimi mesi. A pochi giorni dalla sentenza della Corte di Cassazione sui fatti del G8 di Genova, che ha confermato in via definitiva le condanne per gli imputati accusati di devastazione e saccheggio, l’organizzazione che fa capo a Julian Assange gioca le sue carte anche in questa partita, proprio quando i protagonisti di quella fase politica (definita impropriamente dal mainstream con l’abusatissima etichetta “no global”) tornano sotto la luce dei riflettori.
Due nuovi cable, inviati nel febbraio 2003 dall’ambasciata di Roma agli uffici del dipartimento di Stato, rivelano come Washington avesse messo sotto stretta ed estesa sorveglianza le comunicazioni di alcune delle realtà politiche animatrici della prima ondata del movimento No War. A turbare il sonno dell’ambasciatore Spogli e dei vertici dell’amministrazione Bush erano sopratutto le iniziative di trainstopping: azioni dirette di massa, praticate dal movimento con l’intento di fermare i “treni della morte”: quei convogli speciali che trasportavano materiale logistico ed equipaggiamento bellico statunitense destinato al teatro di guerra iracheno. Meno preoccupante veniva invece considerata l’opposizione dei sindacati confederali («abbaiano ma non mordono»), bollata come «simbolica e minimale». Prosegui la lettura »
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