Archivio per la categoria Social network

Il declino dello smart /soft power della Casa Bianca: quando a crollare è l’ideologia liberale della rete.

Relazione meeting “Contropotere nella crisi” Bologna 13 – 14 Ottobre

Abbiamo costruito questa relazione con l’intento di socializzare in un ambito il più possibile allargato una serie di indicazioni di orientamento politico-culturale arrivateci dagli ultimi due anni di mobilitazioni globali.

La rivoluzione tunisina, quella egiziana, il movimento #15M ed anche quello NoTav hanno messo al centro di un mondo in crisi l’attualità della rivoluzione, delle sue pratiche ma anche delle sue parole. In questo senso hanno anche ribadito la centralità di saper agire la dimensione comunicativa nei conflitti odierni, individuando in essa, ed in particolar modo nella rete (ma non solo), un campo di battaglia dove colpire per disarticolare quelle tecnologie politiche, quelle narrazioni e quei dispositivi retorici che legittimano le politiche di austerità e che, per utilizzare una metafora, sono le piattaforme, le rampe di lancio da cui partono le operazioni di aggressione neoliberista ai territori.

Social media, ambienti di comunicazione elettronica e piattaforme globali di comunicazione hanno messo a nudo tutta la loro ambivalenza, provocando così una torsione dell’immaginario: non solo formidabili dispositivi di cattura della cooperazione sociale e del valore prodotto in rete – grazie ai quali il tempo di lavoro si dilata fino a sovrapporsi perfettamente con il tempo della vita – ma anche luoghi dove sono andati dispiegandosi una pluralità di processi di soggettivazione ed organizzazione dei movimenti globali. Nessun medium ovviamente è sufficiente tout court alla complessità di un processo di organizzazione rivoluzionaria ma allo stesso tempo non esiste organizzazione senza identità, e non esiste identità senza processi di comunicazione, rappresentazioni condivise ed un accumulo di memoria storica delle lotte. Prosegui la lettura »

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Fringuelli, galli nel pollaio e vecchie volpi

Prendiamo la parola in merito al dibattito sviluppatesi nelle ultime settimane su una mutazione in senso mainstream di Twitter in Italia. Un’urgenza dettata dall’importante ruolo rivestito dai social media nelle mobilitazioni degli ultimi mesi, in particolare quelle NoTav.

Sembrava un battibecco tra fringuelli. Invece era una questione di galli nel pollaio. Molto più numerosi e grossi di quanto uno si potrebbe aspettare.

Pietra dello scandalo il flame tra Guzzanti, Fiorello e Jovanotti. Se altrove il gossip e le ruggini on line tra star rappresentano uno dei piatti classici serviti al tavolo dell’intrattenimento quotidiano, da noi è forse la prima volta che una controversia sui social media tra i protagonisti del jet set italiano trova spazio tra la righe e le frequenze del mainstream. Effetto assicurato. Rete italiana in fibrillazione e sbrodolante di riflessioni ed opinioni ad ampio ventaglio: dalle guide sull’utilizzo di Twitter che richiamano all’ordine gli apostati appena sbarcati sulla piattaforma di microblogging alle dotte discussioni tra “esperti” che si interrogano sulla vexata quaestio: Twitter è un social media?

Ma la trasformazione della geografia mediatica italiana (e nello specifico di Twitter) non è cominciata l’altro ieri con una baruffa tra personaggi famosi. È un processo in corso da diverso tempo, accelerato da una pluralità di spinte e dal protagonismo di diversi attori. Prosegui la lettura »

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#UKriot! Cyberinsorti ed hacker contro la polizia diffusa

“If you see a brother… SALUT! If you see a fed… SHOOT!”: questo il monito infuocato di uno dei tanti messaggi rimbalzati nei giorni scorsi tra le messaggerie della Londra in sommovimento.

 

Di pari passo col dilagare della sommossa nel tessuto metropolitano, da Peckham ad Oxford Circus, da Croydon ad Hackney, i quartieri londinesi si trasformavano in hashtag di Twitter; e con l’estensione dei disordini al resto del Regno i #tottenhamriots divenivano #londonriots fino ad ingigantirsi in #ukriots. Una cassa di risonanza enorme per gli insorti che hanno sfidato l’apparato altamente specializzato della MET, la polizia metropolitana in grado di contare sul panopticon orwelliano delle CCTV – le onnipresenti telecamere a circuito chiuso che fanno del regno insulare uno dei paesi più sorvegliati al mondo – e sul sistema cifrato di radiotrasmissione Airwave.

 

Ma il cuore dell’organizzazione e del coordinamento delle azioni è stato il servizio di messaggistica gratuito BBM (BlackBerry Messenger, che gira esclusivamente sullo smartphone dell’azienda canadese RiM, uno dei più diffusi tra i teenager d’oltremanica),  la cui natura privata e pseudoanonima ha reso difficile l’opera di contrasto ai disordini; con lo scambio di informazioni e coordinate che avveniva attraverso messaggi individuali e “broadcast” da uno a molti, ripubblicati solo parzialmente o successivamente sugli altri social network.

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Note a margine dell’E-G8

È difficile capire per quale motivo tante aspettative fossero state riposte nel G8 di Internet svoltosi a Parigi lo scorso 24/25 maggio.  Fortemente voluto dalla presidenza francese di Nicholas Sarkozy si è certo trattato di un evento senza precedenti ed a suo modo storico, visto che mai fino ad oggi i summit dei potenti della terra avevano posto all’ordine del giorno il nodo della govenance globale della rete.

Il fatto che siano effettivamente riusciti ad affrontarlo è però tutt’altro paio di maniche.
Le dichiarazioni ufficiali susseguitesi fin dall’apertura dei lavori hanno infatti messo in risalto come, dietro alla formalità conciliante del linguaggio diplomatico e d’impresa, esistesse un malcelato arroccamento dei diversi partecipanti su posizioni pregresse e consolidate da tempo.

Gli opposti schieramenti hanno sfoderato per la “grande occasione” il meglio del loro armamentario ideologico. Prosegui la lettura »

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La spettacolare morte di #osama

Osama is trending!(o era Obama?)

Non c’è che dire! Un fine settimana degno di Walt Disney per l’infosfera globale: il principe sposa Cenerentola con un matrimonio da favola e l’orco cattivo muore. Sull’atmosfera fiabesca aleggia l’ectoplasma di papa Wojtytla: la circolarità di sentimenti ed emozioni prodottasi tra media broadcast e social network deve aver dato alla testa all’onorevole Biancofiore del PDL, che in preda ad una crisi mistica ha gridato al miracolo, causando lo sdegno imbarazzato del Vaticano. Dulcis in fundo una chicca dal sapore frodiano ce la regala la Fox annunciando in diretta la morte di Obama Bin Laden: a guardare il razzismo del suo linguaggio ed i veementi attacchi contro il presidente statunitense verrebbe da pensare più ad un lapsus che ad una gaffe.

Non manca il sarcasmo in rete di fronte alla morte del leader di Al Qaeda: c’è chi si chiede se finalmente sarà possibile portarsi il bagno schiuma in aereo o se l’incarnazione del male non abbia segretamente ceduto al fascino dell’Iphone 4 bianco o magari al vizio (tutt’altro che occidentale) di quattro amene chiacchiere sui social network. Attivata per sbaglio la geolocalizzazione dei tweet?

Dal sapore più amaro e retorico sono invece i tweet di coloro che si domandano se l’affermazione della categoria metafisica del terrore nel nostro immaginario non abbia effettivamente vinto visto il caro prezzo pagato per “sconfiggerlo”: nella lunga lista delle “casualties” prodottasi a cavallo delle due guerre scatenate per dare la caccia ad un singolo personaggio possiamo elencare centinaia di migliaia di vittime civili e le nostre libertà fondamentali. Mission accomplished? Prosegui la lettura »

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Ritorno dalla frontiera – Seconda parte

Vestiti nuovi per la finanza?

E’ noto come Rockefeller Jr. – dopo lo smembramento da parte dell’antitrust statunitense della Standard Oil nelle oggi note “sette sorelle” del petrolio – per necessità ed opportunità avviò tutta una serie di investimenti nel mercato finanziario ed immobiliare, garantendo la tenuta del suo patrimonio e perpetuando il mito della propria dinastia fino ai giorni nostri.

Oggi il contesto è quello dell’economia dell’informazione del web: non quella degli anni ’90, indifferenziata e fruibile solo a pochi addetti ai lavori, ma quella segmentata e personalizzata attuale, soggetta a convenzioni e comportamenti mimetici con cui gli utenti economizzano la propria attenzione rispetto al diluvio informazionale. E se da un lato le capacità regolatorie dell’antitrust sono ridotte ai minimi termini dall’altro nessuno degli infolatifondisti del web 2.0 disdegna il ricorso a svariate forme di investimento – per la necessità di riprodurre i propri servizi e l’opportunità di espandersi in nuove e strategiche dimensioni dell’economia reale e finanziaria.

Come abbiamo scritto altrove si è sempre data una certa consonanza nei meccanismi di valorizzazione del linguaggio nei due ambiti, propria del paradigma produttivo informazionale che li ricomprende; oggi però sembra presentarsi un’ibridazione anche dei loro vocabolari specialistici, se da una parte assistiamo al lancio in sordina delle Google Ventures e dall’altra all’indizione solenne ed ultimativa degli stress test bancari (progettati per valutare la capacità di tenuta degli istituti di credito in ipotetici scenari emergenziali).

Ma che dire dell’ingresso in borsa degli stessi intermediari informazionali? Un po’ di cifre: l’esordio in borsa di LinkedIn (90 milioni di utenti) potrebbe vedere un’offerta pubblica iniziale di almeno 2 miliardi di dollari; GroupOn (70 milioni di utenti), almeno 4.8 miliardi di dollari; Facebook (600 milioni di utenti), 50 miliardi di dollari (tra cui i recenti investimenti di 450 milioni di Goldman Sachs su cui torneremo tra poco) Una stima quest’ultima superiore al valore di Yahoo!, Time Warner ed eBay. Altri attori come Skype, Twitter e l’azienda di social gaming Zynga stanno considerando simili passaggi. Tutto questo, ed in parte la necessità di convogliare la realtà caotica e complessa dei rapporti di produzione del terzo millennio entro schemi di riferimento familiari fa domandare molti: ci stiamo dirigendo verso una bolla del web 2.0? Prosegui la lettura »

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