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Una guerra lampo in 140 caratteri

Volete scatenare tempeste d’informazione sulle teste dei vostri avversari? Volete far esplodere i vostri messaggi in rete e colpire il leviatano alle ginocchia con frammenti impazziti di bit? Se la risposta è si, Blitzkrieg Tweet è il libro che fa per voi

blitzkrieg_coverIl sapere, è noto, non è fatto per comprendere ma per prendere posizione. Un’affermazione che sembra tanto più vera quando ci si ritrova tra le mani Blitzkrieg Tweet. Come farsi esplodere in rete, l’ultimo libro di Francesco De Collibus: dalla sua lettura, statene certi, trarrete spunti preziosi per decidere come schierare le vostre truppe sul campo di battaglia dell’informazione.

Una premessa è doverosa. L’autore (filosofo, informatico ed animatore di spinoza.it) non ha dato alle stampe l’ennesimo manuale di guerriglia marketing su come diventare popolari in rete. O almeno, non sembra essere stato mosso da quest’unico intento. Certo, il libro è denso di suggerimenti su come concepire le vostre bombe mediatiche, influenzare l’opinione pubblica edincendiare il terreno della comunicazione (possibilmente senza farvi terra bruciata intorno). Ma allo stesse tempo, sotto la superficie delle 130 gustose pagine pubblicate da Agenzia X scorre come un fiume carsico una stimolante riflessione sulla rete, le ambivalenze dei fenomeni sociali che l’attraversano ed i pericoli che ne stanno mettendo a repentaglio la libertà. Prosegui la lettura »

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Freepto: crypto USB per attivisti

Oggi vi presentiamo il vostro nuovo computer. È gratuito, è libero, è sicuro, è facile da usare, sta in una pennetta che potete portare sempre con voi. Ed è pensato apposta per chi fa attivismo politico.

freepto_coverMala tempora currunt. E se l’informazione è un campo di battaglia, per combattere dobbiamo dotarci di conoscenze ed attrezzature adeguate. Abbiamo bisogno di oggetti tecnologici su cui poter far affidamento in ogni evenienza e durante qualsiasi momento della giornata. Abbiamo bisogno di artefatti digitali semplici ma allo stesso tempo manipolabili per raggiungere livelli di complessità che non avremmo pensato possibili. Abbiamo bisogno di strumenti che ci permettano di muoverci con un occhio all’immediato ed uno all’infinito. Freepto è uno di questi.

WTF?? FREEPTO?!?

Si, Freepto, una distribuzione linux live, avviabile da chiavetta USB e da avere sempre con se. E quindi? Niente di nuovo diranno alcuni. Sbagliato. Perché alla base di Freepto c’è un’idea semplice, che la rende unica nel suo genere: quella di creare un sistema operativo che risponda alle esigenze degli attivisti. Prosegui la lettura »

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Prism Break: crypto ammo for the masses

Qualche altra considerazione su PRISM. Ed una tonnellata di software da imparare ad utilizzare per difendere la privacy delle proprie comunicazioni.

prism_break_coverQuand’è che la sorveglianza perde di efficacia? La risposta, più semplice di quanto uno potrebbe immaginare, non va affidata a sofisticate disquisizioni tecniche. O almeno non solo. Un briciolo di buon senso suggerisce infatti che una falla si apre in un sistema di controllo quando coloro che ne sono oggetto vengono a sapere della sua esistenza.

Le rivelazioni di Edward Snowden hanno messo in luce di fronte al grande pubblico qual’è l’ampiezza dello sguardo lanciato dall’occhio elettronico statunitense. Frutto di un perverso connubio tra agenzie di intelligence, contractors privati ed internet companies, PRISM nelle ultime settimane è stato spesso associato all’immagine letteraria del “grande fratello”. Un paragone questo, che però opera una semplificazione fuorviante perché non tiene conto dello scarto fondamentale che intercorre tra il racconto di Orwell e la realtà in cui siamo immersi. PRISM infatti è un vero e proprio network che gode della partecipazione di aziende come Facebook, Google, Apple, Yahoo e Microsoft. Secondo un’inchiesta del Washigton Post, il 98% della sua efficacia risiede precisamente nella capacità di attingere alle fonti informative fornite da questi attori. E quindi implicitamente di attingere alle fonti informative che siamo noi stessi a disseminare in rete. Detta altrimenti, non è l’NSA a fare irruzione nelle nostre case sfondando la porta. Siamo noi ad aprirgliela per farla accomodare in salotto mentre sbrighiamo le nostre faccende. Prosegui la lettura »

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«Sono legione, non cyberterroristi»

17 maggio. All’alba la Procura di Roma ed il CNAIPIC fanno scattare l’operazione “Tangodown” contro alcuni presunti membri di Anonymous Italia: 4 ragazzi finiscono agli arresti domiciliari, altri 6 vengono perquisiti mentre decine di computer ed una grande quantità di materiale informatico sono posti sotto sequestro dalle forze dell’ordine. Per tutti gli indagati le accuse sono le stesse: associazione a delinquere finalizzata al danneggiamento di sistemi informatici, interruzione illecita di comunicazioni informatiche e telematiche, accesso abusivo a sistemi informatici. Nelle settimane successive la reazione di Anonymous non si fa attendere: uno stillicidio di attacchi colpisce prima il sito del tribunale di Roma, poi quelli dei sindacati di polizia SIULP e SAP. Infine viene messo a segno il colpo più ghiotto: a finire nel mirino degli hacktivisti è il ministero degli Interni, i cui server vengono violati ed i materiali trafugati pubblicati in rete. Basterebbe forse questo per smentire la versione ufficiale degli inquirenti che, a poche ore dagli arresti, già parlava di “decapitazione del vertice di Anonymous”. Eppure molti altri dubbi circondano l’operato degli investigatori: dal ricorso alla disciplina antiterroristica nei confronti degli attivisti fino alla contestazione del reato associativo che, se confermata in sede processuale, potrebbe costare agli imputati una pena dei tre ai sette anni di carcere. Infoaut ha deciso di vederci più chiaro ed ha intervistato l’avvocato Fulvio Sarzana, giurista ed esperto di diritto dell’informazione, che da più di dieci anni si occupa di tecnologie digitali e di internet. Prosegui la lettura »

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Il mostro venuto dalla pancia di Internetz

E noi che ci preoccupavamo della scelta di Giampiero D’Alia come ministro della Pubblica Amministrazione! L’ex UDC, eletto a febbraio in quota Scelta Civica, è noto infatti unicamente per essere stato autore nel 2009 di un decreto legge, ribattezzato a furor di rete “ammazza-web”, degno della migliore tradizione giuridica nordcoreana.

Noi, che nei giorni scorsi ci allarmavamo del fatto che nel governo Letta non vi fosse alcun ministero delle telecomunicazioni! Un segnale politico chiaro, facile da interpretare e non solo rispetto alla questione del conflitto d’interessi: per quel che riguarda televisione, internet, mobile e frequenze radio per le New Generation Network il mercato e la relativa regolamentazione restano così come sono. Cristallizzate in un termidoro confinato ai primi anni del 2000.

Che sciocchi, ingenui, creduloni siamo stati! Il pericolo era molto più vicino ed aveva le fattezze serafiche del “rinnovamento”.

Poco più di un mese fa molti avevano salutato con entusiasmo la nomina di Laura Boldrini a terza carica dello Stato. Ma chi aveva ciancicato di “un forte segnale di cambiamento” dovrà rimangiarsi tutto, lingua compresa. L’imbarazzante intervista rilasciata ieri dalla Presidentessa della Camera a Concita De Gregorio per il quotidiano la Repubblica non lascia spazio ad equivoci: in quanto a diritti digitali e conoscenza del web, l’onorevole Boldrini è in tutto e per tutto espressione e continuità della classe politica degli ultimi 15 anni. Semplicemente non ne sa nulla. Prosegui la lettura »

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OpIsrael reloaded: «Tel Aviv non è invulnerabile». In chat con l’Intifada digitale

A ridosso di qualsiasi conflitto si scatena sempre una guerra di cifre. La seconda parte di OpIsrael non sembra fare eccezione a questa regola. Quanti sono stati i siti travolti dall’ondata di attacchi che Anonymous ha scagliato contro le infrastrutture informatiche israeliane a partire dal 7 Aprile? Si è trattato davvero di un flop come hanno affermato le autorità di Tel Aviv? A quanto ammontano i danni economici provocati? Mentre l’operazione è ancora in corso, Infoaut per vederci più chiaro ha intervistato alcuni dei protagonisti attivi sul campo di battaglia. Sync, black e anon4 sono tre hacker che hanno preso parte all’assalto contro l’internet israeliana negli ultimi giorni. Ecco che cosa ci hanno detto.

 

opisrael_interview_2IFF – Anonymous, pur a malincuore e non senza tensioni interne, si era ufficialmente uniformata alla tregua siglata tra le autorità palestinesi ed israeliane il 21 novembre 2012. Gli attacchi cominciati sabato e quelli delle ultime settimane (come il leaks ai danni del Mossad) fanno pensare ad un’operazione a lungo ragionata. Come si è sviluppato il vostro dibattito interno rispetto ad OpIsrael in questi mesi? Quali obbiettivi politici vi siete prefissati? Il contesto rispetto a novembre è diverso: allora OpIsrael fu una reazione ad all’aggressione bellica sionista su Gaza. Oggi invece siete stati voi a muovere la prima pedina annunciando l’operazione un mese fa, in concomitanza con il memorial day dell’Olocausto. Perché avete deciso di far partire la seconda fase di #OpIsrael?

 black – Perché Israele continua la sua presa su Gaza e non molla.

 anon4 – Il dibattito è sempre stato altalenante fra chi voleva rispettare la tregua, e chi intendeva agire in previsione del 7 aprile. Certo non è mai mancato chi ha continuato ad agire singolarmente o con altri team. La data del 7 è stata decisa perché è quella in cui si commemora l’olocausto. Volevamo detournare il significato di questa ricorrenza simbolica e riadattarlo a quella che è l’attuale situazione a cui sono costretti i palestinesi dalla ferocia israeliana. Olocausto non fu solo quello che coinvolse gli ebrei: olocausto è anche il genocidio perpetrato dalla mano sionista… oggi questa parola è più attuale che mai. Abbiamo scelto di ridare slancio all’operazione per via dei continui abusi e vessazioni perpetrate nei confronti del popolo palestinese (anche in presenza della tregua). Di esempi se ne possono annoverare a bizzeffe. In primis la terribile situazione dei detenuti palestinesi nelle carceri israeliane: una vera e propria violazione tout court dei diritti umani. Per non parlare del caso di Samer Issawi, in sciopero della fame come segno di protesta, la cui vita è in grave pericolo. Prosegui la lettura »

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