Articoli con tag sorveglianza

Pronto? Skype ti ascolta

Avviso ai naviganti. La privacy su Skype fa acqua da tutte le parti. Ed il mito della sua impenetrabilità cola a picco. È tempo di abbandonare la nave?

Una settimana nell’occhio del ciclone per la l’azienda produttrice del software di telefonia VOIP (Voice over IP) più popolare al mondo. Skype, acquistata poco più di un anno fa da Microsoft per la cifra da capogiro di 8,5 miliardi di dollari, è finita al centro delle polemiche per aver siglato dei nuovi protocolli di collaborazione con le autorità di polizia statunitensi. Grazie al suo ausilio tecnico, l’FBI ed altre agenzie di intelligence si troverebbero ora nelle condizioni di entrare facilmente in possesso dei dati personali e delle conversazioni degli utenti. È quanto sostenuto da un articolo apparso sul Washignton Post pochi giorni fa.

Dubbi, segreti e bug nel codice

Quella del quotidiano statunitense è una notevole stoccata al mito dell’impenetrabilità di Skype. L’ennesima a dire la verità. Nata nel 2003, acquistata da Ebay nel 2005 e passata poi sotto l’ombrello di casa Redmon nel 2011, Skype era originariamente basata su un’efficace combinazione di crittografia forte e di un’architettura P2P decentralizzata. Fatto che rendeva l’intercettazione delle chiamate internet e delle sessioni di chat da parte delle autorità quantomeno complessa. Ma certo, non impossibile. Prosegui la lettura »

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La polizia ci spia su Facebook? Tanto stupore per nulla

Stupirsi del fatto che la polizia usi Facebook per spiare la attività degli utenti in rete, è un po’ come stupirsi del fatto che all’ombra dei palazzi romani e delle emittenti televisive milanesi, gli esponenti del potere si dilettino a fare “bunga bunga” con giovani donzelle più o meno compiacenti. Solo i giornalisti del gruppo editoriale “L’Espresso” possono pensare che una notizia di questo genere abbia rilevanza o presenti davvero il benché minimo carattere di novità.

Minchia commissà! Ci stanno spiando su Feisbuc!

L’articolo firmato da Giorgio Florian (“La polizia ci spia su Facebook”) che tanto clamore ha destato negli ultimi due giorni, a nostro modo di vedere, è attraversata da una linea narrativa di una banalità disarmante, in cui la storiella dell’orso viene venduta come la rivelazione dell’anno.

Provando anche a dare una lettura della smentita a tempo record della polizia postale, fatta a mezzo ANSA alle ore 16.30 di giovedì, vediamo quali possono essere i piani su cui la questione va affrontata.

Il primo è quello più ovvio che, dal basso della nostra esperienza militante, abbiamo già abbondantemente sedimentato nel bagaglio delle conoscenze quotidiane e sperimentato sulla nostra pelle. L’abuso degli strumenti digitali nelle indagini di polizia è qualcosa che nasce con il cellulare, ma che ha probabilmente origini molto più antiche ed analogiche. È semplicemente ovvio che la polizia nella sua opera costante di sorveglianza sui soggetti “devianti” abbia la possibilità di fare (e faccia effettivamente) largo uso di intercettazioni (telefoniche, ambientali ed informatiche) non autorizzate in alcun modo dalla magistratura. Chiedetelo a qualsiasi avvocato un pò scafato e ve lo confermerà senza troppe remore. Se fate caso alle parole di Antonio Apruzzese, direttore centrale della polizia postale, noterete che il fatto in se non viene assolutamente negato. Semplicemente si attesta che i cybercop – bontà loro – si muovono «sempre con l’autorizzazione della magistratura. Anche perché nel caso contrario tutto ciò che si fa non avrebbe alcun valore processuale». Il che però non significa che intercettazioni prive di valore probatorio in un’aula di tribunale (ovvero non utilizzabili nella formazione della prova) non possano essere fruttuosamente impiegate in attività di “prevenzione” e repressione. Prosegui la lettura »

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Mani tese e pugni chiusi

Sabato 11 settembre “Il Resto del Carlino” ha aperto l’edizione locale con l’ennesimo scoop sensazionalistico della campagna “Diamoci una mano” sull’emergenza writing. A dire la verità il concetto di scoop ha una connotazione eccessivamente meritoria: “squallido” e “servizietto” sono due termini che forse meglio si prestano per definire le paginette vergate dalla “Torquemada de noantri” Federica Andolfi.

Il succo della notizia è questo: un cavaliere della rete solitario (ovvero senza amici) che per comodità chiameremo “Federica Andolfi”, avrebbe deciso di dare un senso alle sue grigie giornate (e sopratutto bianche nottate), ricostruendo l’identità anagrafica di alcuni writer attivi sul territorio bolognese. Tali informazioni sarebbero state impacchettate in un dossier di 250 «elementi probanti in formato jpeg» (cioè 250 immagini scaricate da Facebook, Flickr e Myspace), consegnato in questura dall’ex forzanovista Daniele Corticelli, capobastone della temibile organizzazione “Bologna Capitale”. Giunto in piazza Galilei sbracciando pur di dare al suo oscuro partituncolo 20 righe di notorietà, davanti ai flash dei fotografi (l’unico presente era quello della solita Federica Andolfi) ha dichiarato con sfumati toni politologici: «Mo ‘sti cornuti li teniamo ben per le palle. Noi cittadini di etnia bolognese vogliamo il sangue. Ora la polizia sa chi sono e deve picchiare duro». E poi, a degno coronamento del suo inappuntabile ragionamento, si è asciugato la bava alla bocca ed ha fatto un bel rutto soddisfatto.

In attesa che il meritato Pulitzer venga attribuito a Federica non sembra una cattiva idea quella di mettere i puntini sulle i, e chetare i bollenti spiriti del popolino. Prosegui la lettura »

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Switch-off the Internet? WTF!?!

Alcuni spunti di riflessione sullo stato in rete e della rete

Un paio di giorni fa sulle colonne di Infoaut è apparso un editoriale su un disegno di legge,in via di discussione al Congresso statunitense, che prevederebbe l’eventuale possibilità di “chiudere” o “spegnere” internet per 90 giorni previa autorizzazione presidenziale.

Ma cosa significa “spegnere la rete”? Se non si definisce quest’affermazione  e non si va oltre la fascinazione (e l’implicita necessaria semplificazione) del titolo giornalistico si rischia di non capire nulla e sbagliare. I termini della questione, pure già oggetto di aspra polemica, sono ora come ora abbastanza vaghi. Per rispondere alla domanda che ci siamo posti non possiamo che limitarci a vagliare alcune ipotesi.

Tralasciamo immediatamente i balbettamenti sulla “natura” democratica della rete (il “fu” nemico mortale del concetto di sovranità, frutto di un dogmatismo sconfitto ormai a più riprese ed in diversi match)  e proviamo a spostarci su un piano più concreto.

Se col nebuloso concetto di “spegnere l’internet mondiale” si rimanda ad una generica inibizione nell’accesso ai network americani, con le ricadute che questo può determinare – per quanto, sia ben chiaro, rispetto a 10 anni fa il numero relativo dei server presenti in
territorio americano è senz’altro più basso – allora siamo di fronte ad un grosso abbaglio. Prosegui la lettura »

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