Archivio per la categoria Web2.0?

Twitter come Wall Street

La crisi è arrivata anche su twitter

Sono circa le 19.30 nell’Aula Poeti di Scienze Politiche a Bologna. Saskia Sassen si sta apprestando ad ultimare la sua relazione sulle “Sfide globali nella città” quando Qwit (il client open source che solitamente usiamo per comunicare a colpi di 140 caratteri con altri
fringuelli sparsi per Bologna, Italia e resto del globo) cinguetta la seguente notizia:

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Incuriositi cominciamo a spulciare il nostro profilo e quello di altri amici che seguiamo: tutti i legami che abbiamo instaurato sembrano essere improvvisamente tabula rasa, spazzati via da un disturbo nella forza che pazientemente regola la vita in rete.
L’insieme di relazioni creato e mappato all’interno del network di twitter è completamente azzerato.
I media tradizionali approntano alla bell e meglio un neologismo (Twitpocalypse) da far circolare nelle nuvole della rete diventate improvvisamente minacciose e gonfie di pioggia.
La coda lunga prende la forma del panico. Prosegui la lettura »

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Netwar on Videocracy

Un breve commento sulla vicenda Google-ViviDown

Tre dirigenti di Google sono stati inchiodati al banco degli imputati per l’affare Vividown che li vedeva indagati per violazione della privacy e calunnia come conseguenza della mancata rimozione dal network di Google Video un filmato risalente al 2006. Protagonista un ragazzo down
brutalmente vessato da dei coetanei in una scuola di Torino. David Carl Drummond,ex presidente del cda di Google Italia e ora senior vice president, George De Los Reyes, ex membro del cda di Google Italy; Peter Fleischer, responsabile policy Google sulla privacy per l’Europa sono
stati ritenuti colpevoli dal giudice Oscar Magi di uno dei due reati loro attribuiti (violazione della privacy) e condannati a sei mesi di carcere con sospensione della pena

Riassumendo in poche parole: il tribunale di Milano ha affermato la responsabilità di Google sui contenuti immessi dagli utenti sulle reti di sua
proprietà. Il “Gigante Buono” non va dunque considerato come una scatola vuota o un mero condotto di diffusione dell’informazione, ma deve essere posto sul medesimo piano giuridico di qualsiasi altro editore.

Ci pare improbabile calarci in un ruolo di azzeccagarbugli che non ci appartiene, né vogliamo unirci al totoscommesse sulle motivazioni della sentenza. Ugualmente non ci lasciamo appassionare da suggestioni in salsa ER sull’aviaria o sull’ultima sindrome cinese, très à la page bien sûr, ma cariche di molto sensazionalismo e poca sostanza. Prosegui la lettura »

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Socializzazione della Finanza e Crisi Economica Globale – Intervento di Info Free Flow (seconda parte)

Dopo la bolla della
New Economy…

Al di là delle
motivazioni più squisitamente economiche dello scoppio della bolla
delle Dot Com nel 2000, c’è da riflettere sulla distanza
antropologica tra previsioni degli investitori e design
dell’architettura di rete degli anni ’90. In quel periodo erano
necessarie notevoli competenze specialistiche per usufruire di un
computer e per navigare in una rete che, sebbene in transizione verso
l’uso civile, aveva le sue radici ancora nei progetti dei
cybersoviet, compensando i prerequisiti tecnici richiesti a
chi vi si avvicinasse con un’elevata scalabilità ed orizzontalità.
L’infrastruttura di rete e la capacità di storaggio e trasmissione
dei dati non erano ancora così elaborate da facilitare la
partecipazione del grande pubblico ad un’economia di beni e servizi
immateriali come quella prospettata dalla retorica positivista dei
redattori di Wired. In altre parole, la bolla della New
Economy è stata dovuta ad errori di sopravvalutazione da parte del
mercato della assorbibilità dei servizi delle dot com, della loro
monetizzabilità e del livello di competenza dei loro utenti. Slogan
del tempo prospettavano: "arricchisciti in fretta" o
“costruiamole, poi arriveranno”, ma ciò si è dimostrato a lungo
termine insostenibile, davanti alla mancanza di un design in grado di
permettere agli investitori/utenti di orientarsi tra ed usufruire di
dispositivi in grado di offrire loro servizi e contemporaneamente
mettere a lavoro la propria esperienza. Il colpo alla FIRE economy a
fine anni ’90 deriva anche da un deficit di economia ICE
(intellectual, cultural, educational) che non poteva essere colmato,
a meno di non abbassarne l’asticella ad un target dotato di
competenze più generiche e dandogli modo di metterle a valore.

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L’ayatollah Maroni ed i cinesi del PD

Chi si nasconde dietro questa folta barba? E chi sono i figuri tutti uguali dietro di lui?

La notizia era nell’aria
già da qualche giorno, ma solo giovedì è esplosa tra roventi polemiche,
arrivando a toccare anche le inaccessibili vette del TG1 delle 20. Dopo
le frustrazioni del dirigente modenese del PD,
desolato dall’incapacità di una nomenklatura democratica politicamente
alla frutta, alla ribalta della cronaca è salito il “fu” gruppo di
facebook “Uccidiamo Berlusconi”, poi trasformato in un più tranquillizzante “Ora che abbiamo la tua attenzione rispondi alle nostre domande”.

Siamo
stati indecisi a lungo se prendere parola su questa vicenda che, nel
nostrano clamore che l’ha accompagnata, apparentemente è solo un
cartina al tornasole dell’incapacità trasversale alla classe politica
istituzionale di rapportarsi e leggere le tecnologie digitali, mentre
in realtà cela fra le pieghe alcune sottili dinamiche inscritte nel
frame mediale italiano.

Diversi elementi hanno comunque attirato
la nostra attenzione portandoci a delle riflessioni che ci sembra
importante condividere per dare un metro anche della direzione che potrebbe prendere la vita in rete nella penisola.

Ci sono due premesse che guidano tutto il nostro ragionamento.
La
prima è la focalizzazione della tragica situazione sociale ed
economica del paese che porta evidenti sul volto le ferite aperte della
crisi. Lungi
dall’essere ad un punto di svolta, un fatturato industriale in caduta
libera e
la drammatica realtà della cassa integrazione per un sempre maggior
numero di lavoratori, vanno aggiungendosi ad un crescente discredito
che classe politica italiana non sembra ormai in grado di
allontanare da sé.
La seconda è che la rete non è un media
(o comunque un canale neutro) ma un ambiente, contingente e dalle
caratteristiche mutevoli ed in evoluzione dinamica, organizzata su
rapporti di forza che derivano dalla costruzione del mezzo e
determinano il tipo di relazione, di prodotti, di creazioni che si
possono vivere e fare in questo o in quel network.
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Il browser è mio e me lo gestisco io!

Osservare il flusso di informazioni che si genera in rete è sempre
un’esperienza istruttiva: a volte se ne resta colpiti per la potenza
circolare, a volte suscitano ammirazione le sofisticate tecniche
comunicative di chi è in grado di manipolarlo ed indirizzarlo, altre
ancora provocano ilarità i grossolani autogol  di chi se ne ritrova
involontariamente sommerso. E questo è il caso di cui vorremmo parlare
oggi.

MediaFire è un servizio di file-hosting che offre spazio
illimitato agli utenti che vi si registrano. Forse chi legge già lo
conoscerà: si tratta di un’azienda web assimilabile a RapidShare o
MegaUpload, tipici diversivi a cui spesso si fa ricorso durante le
serate di noia passate in solitudine, quando l’ormai usurato hard disk
esterno non ha più nulla di stimolante da offrire e si cerca quindi
disperatamente riparo fra i contenuti aggregati negli anfratti della
rete.

Come la maggior parte delle forme di web-business ( quasi
la totalità a dire il vero ) anche questa si basa sulla pubblicità:
durante l’attesa per poter cominciare il download del film o del
videogame a cui siete interessati dovete sorbirvi alcune tediose
strisce pubblicitarie a cui normalmente quasi nessuno presta mai
particolare attenzione (anche perché, indipendentemente dall’attrattiva
che determinati prodotti possono esercitare, il reddito disponibile ai
più ormai viene rosicchiato giorno dopo giorno come i metri che
intercorrono tra due trincee in una guerra di posizione, rendendo
qualsiasi necessità o desiderio nulla più che una mera velleità). Prosegui la lettura »

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Frammenti di identità collettive dentro e fuori la rete – Dialogo con Carlo Formenti – Seconda Parte

Continuiamo con la trascrizione dell’intervento di Carlo Fomenti ai seminari di Not[Net]Working – La rete non è un media , che hanno avuto luogo a Maggio nella facoltà di lettere e filosfia di Bologna. In questa seconda parte si parla della creazione di soggettività politiche nelle società mediali. Buona lettura.

Prima parte

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