Archivio per la categoria Proprietà intellettuale

Sceriffi della rete e cyber-ronde

In attesa del parere della Commissione Europea e della World Intellectual Property Organization (WIPO) sulla tanto discussa delibera AGCOM, in questi giorni è stata presentata in parlamento, da 19 deputati del Pdl tra cui Elena Centemero e Santo Versace , una proposta di legge “in materia di responsabilità e di obblighi dei prestatori di servizi della società dell’informazione e per il contrasto delle violazioni dei diritti di proprietà industriale operate mediante la rete interne”. Un disegno di legge identico a quello presentato in estate dal leghista Fava (alla faccia del diritto d’autore!).

Si tratta di 2 articoli che vanno a modificare rispettivamente gli art. 16 (Responsabilità nell’attività di memorizzazione di informazioni – hosting) e 17 (Assenza dell’obbligo generale di sorveglianza) del decreto legislativo n. 70 del 2003.

Nella prima parte si obbligano i provider a rimuovere e disabilitare l’accesso a risorse che violano il copyright o che promuovo il commercio di marchi contraffatti, ma a differenza della normativa odierna a poter “avvertire” il provider non sarà soltanto l’autorità competente ma “qualunque soggetto interessato ”. Utenti propensi alla censura che si trasformano in cyber-ronde al servizio del diritto d’autore. Tutto questo senza passare attraverso l’autorità giudiziaria e senza, di fatto, la necessità, né la possibilità, di controllare l’effettiva natura delle accuse prima di proseguire con la cancellazione, la disabilitazione o il blocco dell’accesso. Prosegui la lettura »

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L’anomalia italiana di Internet

È di ieri la notizia di un’altra sentenza contro i motori di ricerca che si rendono “responsabili” di linkare materiali illeciti. Dopo la vicenda Google-Vividown, questa volta la scure della magistratura è caduta sulla testa di Yahoo, resasi colpevole di fornire fra i suoi risultati di ricerca indirizzi di siti che permettono la visione di contenuti e materiali audiovisivi coperti da diritto d’autore. E l’Italia è sempre più vicina all’affermazione del principio di responsabilità nell’intermediazione dell’informazione on-line.

Puntualizziamo. Lungi da noi difendere i motori di ricerca che effettivamente svolgono un ruolo di intermediazione informativa e culturale di primissimo piano, dato che rappresentano uno dei gate principali nell’accesso all’informazione. Lungi da noi prendere le parti di attori economici privati che sulla base di criteri stabiliti dalla segretezza dei loro algoritmi svolgono una funzione a carattere pubblico senza che questa venga attualmente regolamentata al pari degli altri media audiovisivi. E lungi da noi stracciarci le vesti (anche perché altrimenti non sapremo più quali abiti indossare) per dei soggetti privati che possono permettersi di esercitare a briglie sciolte un potere spaventoso anche sotto il profilo politico oltre che economico. Ribadiamolo: il potere oggi riposa sulla punta dell’informazione ed i motori di ricerca negli ultimi anni ne hanno spesso attuato forme di governance scellerate. Prosegui la lettura »

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Socializzazione della Finanza e Crisi Economica Globale – Intervento di Info Free Flow (seconda parte)

Dopo la bolla della
New Economy…

Al di là delle
motivazioni più squisitamente economiche dello scoppio della bolla
delle Dot Com nel 2000, c’è da riflettere sulla distanza
antropologica tra previsioni degli investitori e design
dell’architettura di rete degli anni ’90. In quel periodo erano
necessarie notevoli competenze specialistiche per usufruire di un
computer e per navigare in una rete che, sebbene in transizione verso
l’uso civile, aveva le sue radici ancora nei progetti dei
cybersoviet, compensando i prerequisiti tecnici richiesti a
chi vi si avvicinasse con un’elevata scalabilità ed orizzontalità.
L’infrastruttura di rete e la capacità di storaggio e trasmissione
dei dati non erano ancora così elaborate da facilitare la
partecipazione del grande pubblico ad un’economia di beni e servizi
immateriali come quella prospettata dalla retorica positivista dei
redattori di Wired. In altre parole, la bolla della New
Economy è stata dovuta ad errori di sopravvalutazione da parte del
mercato della assorbibilità dei servizi delle dot com, della loro
monetizzabilità e del livello di competenza dei loro utenti. Slogan
del tempo prospettavano: "arricchisciti in fretta" o
“costruiamole, poi arriveranno”, ma ciò si è dimostrato a lungo
termine insostenibile, davanti alla mancanza di un design in grado di
permettere agli investitori/utenti di orientarsi tra ed usufruire di
dispositivi in grado di offrire loro servizi e contemporaneamente
mettere a lavoro la propria esperienza. Il colpo alla FIRE economy a
fine anni ’90 deriva anche da un deficit di economia ICE
(intellectual, cultural, educational) che non poteva essere colmato,
a meno di non abbassarne l’asticella ad un target dotato di
competenze più generiche e dandogli modo di metterle a valore.

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Lavoro in rete e senza rete – Dialogo con Carlo Formenti – Prima parte

Come già abbiamo avuto modo di scrivere su queste pagine, se in Italia
(e non solo) esistono ancora voci capaci di trattare il fenomeno della
rete in maniera disincantata e non celebrativa ma al contempo
propositiva e non appesantita dai ceppi della tecnofobia più
reazionaria, una di esse è senz’altro quella di Carlo Formenti,
docente di teoria e tecnica dei nuovi media all’Università di Lecce,
collaboratore del Corriere della Sera, autore di testi importantissimi
per una lettura critica dei mutamenti economici, sociologici e politici
avvenuti a partire dall’emersione di internet come terreno di
produzione immateriale e conflitto, quali "Mercanti di Futuro"," Cybersoviet"e "Se Questa è Democrazia".

Abbiamo
avuto la possibilità di averlo con noi al seminario "Cyberpopulismi,
crisi dell’internet libertaria ed architetture di rete securitarie",
tenutosi lo scorso 20 maggio nell’ambito del ciclo di seminari Not [Net] Working – La Rete non è un Media
presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna, e
iniziamo con questo post la pubblicazione integrale del suo intervento.
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Netwar – Dopo la baia

Pirate bay è stata dichiarata colpevole.
I responsabili della baia, sono stati condannati ad un anno di prigione e al pagamento di una sanzione di 2,7 milioni di euro per complicità nella violazione di diritti d’autore. Lo ha reso noto un tribunale di Stoccolma. I quattro sono Fredrik Neij, 30 anni, Gottfrid Svartholm, 24 anni, Peter Sunde, 30 anni, il fondatore di Pirate Bay, e Carl Lundström, 48 anni, accusato di aver investito dei fondi nelle attività del sito

Questa notizia ci pare abbia implicazioni profonde, ma cerchiamo di sviluppare con ordine i punti del nostro ragionamento, evidenziandone prima gli aspetti posti sulla punta dell’iceberg per scendere poi negli abissi del mare magnum della rete su cui esso si poggia.

A prima vista la sentenza emessa da una corte di Stoccolma suona come una campana a morto per il P2P, quanto meno per il forte valore simbolico che assume: se è vero che non vi saranno conseguenze imeediate è altrettanto vero che viene colpito uno degli epicentri più nevralgici della “pirateria”, da cui negli ultimi anni si è propagata una vera e propria emorragia di informazioni liberate dalla morsa della proprietà intellettuale.  Infatti grazie all’ausilio della “baia” veniva facilitato lo scambio di file tramite Bittorrent, uno dei protocolli più popolari in rete, tale da rappresentare una fetta considerevole delle connessioni che ogni giorno transitano sui network globali

I veterani delle battaglie in rete però ricorderanno bene che non si tratta certo del primo caso in cui la condivisione di saperi veicolata dai media digitali, subisce colpi apparentemente mortali, per ritornare in auge e più forte che mai dopo un paio di click. Era già successo con Napster e ci viene spontaneo credere che succederà anche in questo caso.
Lo stesso Sunde, da sempre il volto mediatico di TPB, ha fatto filtrare in anticipo la notizia della condanna su twitter, invitando alla calma: “Non succederà niente a TPB, a noi personalmente o al sistema di file sharing. Questo è solo un teatro per i media". Prosegui la lettura »

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Cybersoviet: utopie postdemocratiche e nuovi media

Se c’è qualcosa che nella sperduta periferia telematica Italia – avvolta da una cappa di ignoranza e retorica su cosa sia e a cosa serva la rete – non cessa mai di stupirci è il potenziale apocalittico o messianico che chi si balocca con la politica online, dai picciotti di Giampierone D’Alia ai grillini del comico genovese, non si stanca mai di attribuire ad internet, fonte di ogni male terreno o di ogni possibile emancipazione collettiva.

Per noi Info Free Flowers, inguaribili paranoici e guastafeste, la rete non è uno strumento sovrannaturale ma umano, e come tale soggetto ai mutamenti nei rapporti di forza tra chi la costruisce, chi ne fa uso e chi vorrebbe regolarla; non è un semplice media (se consideriamo i processi di messa a lavoro dell’intelligenza collettiva online che abbiamo già esaminato in passato) e, anche volendo prenderla in esame come tale, non ci sembra rappresentare quel trionfo di comunicazione orizzontale e paritaria che il trionfalismo nuovista ci dipinge; per finire, nel momento in cui viene meno il controllo degli utenti sui propri strumenti di navigazione e comunicazione, la rete non è più una griglia di contatti, ma una recinzione predisposta a far scorrere lo spirito di curiosità e ricerca nei canali degli schematismi omologanti, talvolta dettati dalla censura.

E’ grazie a libri come Cybersoviet di Carlo Formenti che possiamo dotarci di nuovi spunti di riflessione – non consolanti ma sicuramente comprensivi – rispetto a cosa sia diventata l’internet negli anni zero e quali soggetti si muovano nei suoi meandri: chi è impegnato come noi nella costruzione di percorsi politici liberati dal basso vi ritroverà un compendio comparato e trasversale dei diversi approcci teorici di ricerca di una composizione di classe in rete; altri che si avvicinano per la prima volta a queste tematiche, investiti dalla quantità e qualità delle conclusioni delle varie scuole di teoria della rete riportate dall’autore, potranno essere sorpresi dall’apparente ambiguità di alcuni accostamenti – come ad esempio quello di posizioni anarchiche e liberali unite nella critica alle mani regolatorie della "vecchia" politica – che con la lettura del libro si scopriranno invece perfettamente funzionali allo sviluppo dell’internet cyberpop simboleggiata dal web 2.0.

Cybersoviet pone con forza la necessità di ritracciare un confine tra sfera pubblica e sfera privata della comunicazione per sfuggire alla privatizzazione ed all’omologazione
strisciante del dibattito, mette a nudo il sostrato effimero ed esibizionista su cui poggiano le narrazioni ottimiste della soggettivizzazione biografica dei blogger, illustra come l’internet e gli internauti attuali stiano più o meno inconsapevolmente rivolgendosi verso architetture ostili a quel modello di rete libera ed autonoma che era il world wide web degli anni ’90.

Ma qui non ci cimenteremo in una recensione del libro, che piuttosto vi consigliamo di procurarvi per apprezzarlo nella sua ricchezza e completezza. Preferiamo, offrendovi una serie di risorse come il breve bignami della quarta parte del libro qui di seguito, aprire un dibattito ed uno spazio di riflessione, che continuerà a manifestarsi ben presto in incontri e momenti di socialità. Restate sintonizzati! Prosegui la lettura »

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