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#SidiBouzid vs Ammar404: censorship #fail !

Non conosce soste la guerra che in queste ore si sta combattendo senza esclusione di colpi sugli stream dei network globali e nord africani. Uno scenario convulso, terribile ed allo stesso tempo affascinante  che mette a nudo come le suggestioni cyberpunk dei romanzi di William Gibson, non siano più semplicmente una categoria letteraria, frutto di una mente geniale nella sua capacità di scrutare fra le pieghe di un futuro di la a venire, ma entrino a pieno titolo nella declinazione odierna e presente delle categorie del conflitto.

Sullo scacchiere tunisino si stanno muovendo in queste ore diversi giocatori che, studiandosi a vicenda, provano a chiudere la partita. Obbiettivo: il controllo della rete di comunicazione internet tunisina e la narrazione di fronte al mondo della sanguinosa rivolta che da ormai 10 giorni infiamma lo stato nord africano e ne fa tremare i vertici del regime.

Il sistema di censura Ammar404 (soprannominato come l’ex-ministro dell’interno responsabile della preparazione del Summit sulla Società dell’Informazione tunisino del 2005) che, ormai è evidente, era stato predisposto con cura già da diversi mesi dalle autorità di Tunisi per tenere sotto controllo una popolazione sempre maggiormente informatizzata, sembra però avere grosse difficoltà a contenere effettivamente il flusso di comunicazioni che poco alla volta sta travolgendo le barriere appositamente poste a recinto dell’infosfera tunisina. Ma andiamo con ordine. Prosegui la lettura »

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Wikileaks: frammenti di disordine globale

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Il momento storico in cui Wikileaks opera è decisivo: è quello della crisi dell’egemonia militare, economica, politica, culturale e tecnologica statunitense.

La caduta del secondo muro del ‘900 (Wall Street) riproduce le sue richieste di glasnost (“openness”) e perestrojka (“change”) perché persino nella caratterizzazione che la vulgata neoliberista le ha dato l’ideologia democratica ha subito una degenerazione. L’imperativo è la riforma del sistema, l’overstretching planetario degli Stati Uniti segna il passo dall’Iraq all’America Latina, l’esecutivo è debole e sotto tutela da parte di chi ambisce ad una risoluzione reazionaria, integralista ed autenticamente “statunitense” della crisi ideologica.

E dentro a questo scenario già complesso di suo comincia ad aggirarsi uno spettro che bisbiglia nelle orecchie di chi lo incontra: «Le informazioni in rivolta scriveranno la storia».

Spettro ci sembra il termine più adatto per descrivere la figura di Assange, sia per i suoi connotati fisici sia per l’evanescenza con cui è riuscito per diverso tempo a farla franca da polizie e servizi segreti di tutto il mondo.

Eppure la vicenda di WL (Wikileaks), di cui ancora molti capitoli dovranno essere scritti, produce ricadute estremamente concrete, tali da determinare fratture profonde nei reticoli tradizionali del sistema informativo globale, attraversati in questi giorni da movimenti di disaggregazione, scomposizione e riaggregazione. Fratture che rappresentano un punto di non ritorno, espandendosi a trecentosessanta gradi e non a senso unico. Prosegui la lettura »

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La polizia ci spia su Facebook? Tanto stupore per nulla

Stupirsi del fatto che la polizia usi Facebook per spiare la attività degli utenti in rete, è un po’ come stupirsi del fatto che all’ombra dei palazzi romani e delle emittenti televisive milanesi, gli esponenti del potere si dilettino a fare “bunga bunga” con giovani donzelle più o meno compiacenti. Solo i giornalisti del gruppo editoriale “L’Espresso” possono pensare che una notizia di questo genere abbia rilevanza o presenti davvero il benché minimo carattere di novità.

Minchia commissà! Ci stanno spiando su Feisbuc!

L’articolo firmato da Giorgio Florian (“La polizia ci spia su Facebook”) che tanto clamore ha destato negli ultimi due giorni, a nostro modo di vedere, è attraversata da una linea narrativa di una banalità disarmante, in cui la storiella dell’orso viene venduta come la rivelazione dell’anno.

Provando anche a dare una lettura della smentita a tempo record della polizia postale, fatta a mezzo ANSA alle ore 16.30 di giovedì, vediamo quali possono essere i piani su cui la questione va affrontata.

Il primo è quello più ovvio che, dal basso della nostra esperienza militante, abbiamo già abbondantemente sedimentato nel bagaglio delle conoscenze quotidiane e sperimentato sulla nostra pelle. L’abuso degli strumenti digitali nelle indagini di polizia è qualcosa che nasce con il cellulare, ma che ha probabilmente origini molto più antiche ed analogiche. È semplicemente ovvio che la polizia nella sua opera costante di sorveglianza sui soggetti “devianti” abbia la possibilità di fare (e faccia effettivamente) largo uso di intercettazioni (telefoniche, ambientali ed informatiche) non autorizzate in alcun modo dalla magistratura. Chiedetelo a qualsiasi avvocato un pò scafato e ve lo confermerà senza troppe remore. Se fate caso alle parole di Antonio Apruzzese, direttore centrale della polizia postale, noterete che il fatto in se non viene assolutamente negato. Semplicemente si attesta che i cybercop – bontà loro – si muovono «sempre con l’autorizzazione della magistratura. Anche perché nel caso contrario tutto ciò che si fa non avrebbe alcun valore processuale». Il che però non significa che intercettazioni prive di valore probatorio in un’aula di tribunale (ovvero non utilizzabili nella formazione della prova) non possano essere fruttuosamente impiegate in attività di “prevenzione” e repressione. Prosegui la lettura »

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Mani tese e pugni chiusi

Sabato 11 settembre “Il Resto del Carlino” ha aperto l’edizione locale con l’ennesimo scoop sensazionalistico della campagna “Diamoci una mano” sull’emergenza writing. A dire la verità il concetto di scoop ha una connotazione eccessivamente meritoria: “squallido” e “servizietto” sono due termini che forse meglio si prestano per definire le paginette vergate dalla “Torquemada de noantri” Federica Andolfi.

Il succo della notizia è questo: un cavaliere della rete solitario (ovvero senza amici) che per comodità chiameremo “Federica Andolfi”, avrebbe deciso di dare un senso alle sue grigie giornate (e sopratutto bianche nottate), ricostruendo l’identità anagrafica di alcuni writer attivi sul territorio bolognese. Tali informazioni sarebbero state impacchettate in un dossier di 250 «elementi probanti in formato jpeg» (cioè 250 immagini scaricate da Facebook, Flickr e Myspace), consegnato in questura dall’ex forzanovista Daniele Corticelli, capobastone della temibile organizzazione “Bologna Capitale”. Giunto in piazza Galilei sbracciando pur di dare al suo oscuro partituncolo 20 righe di notorietà, davanti ai flash dei fotografi (l’unico presente era quello della solita Federica Andolfi) ha dichiarato con sfumati toni politologici: «Mo ‘sti cornuti li teniamo ben per le palle. Noi cittadini di etnia bolognese vogliamo il sangue. Ora la polizia sa chi sono e deve picchiare duro». E poi, a degno coronamento del suo inappuntabile ragionamento, si è asciugato la bava alla bocca ed ha fatto un bel rutto soddisfatto.

In attesa che il meritato Pulitzer venga attribuito a Federica non sembra una cattiva idea quella di mettere i puntini sulle i, e chetare i bollenti spiriti del popolino. Prosegui la lettura »

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Netwar on Videocracy

Un breve commento sulla vicenda Google-ViviDown

Tre dirigenti di Google sono stati inchiodati al banco degli imputati per l’affare Vividown che li vedeva indagati per violazione della privacy e calunnia come conseguenza della mancata rimozione dal network di Google Video un filmato risalente al 2006. Protagonista un ragazzo down
brutalmente vessato da dei coetanei in una scuola di Torino. David Carl Drummond,ex presidente del cda di Google Italia e ora senior vice president, George De Los Reyes, ex membro del cda di Google Italy; Peter Fleischer, responsabile policy Google sulla privacy per l’Europa sono
stati ritenuti colpevoli dal giudice Oscar Magi di uno dei due reati loro attribuiti (violazione della privacy) e condannati a sei mesi di carcere con sospensione della pena

Riassumendo in poche parole: il tribunale di Milano ha affermato la responsabilità di Google sui contenuti immessi dagli utenti sulle reti di sua
proprietà. Il “Gigante Buono” non va dunque considerato come una scatola vuota o un mero condotto di diffusione dell’informazione, ma deve essere posto sul medesimo piano giuridico di qualsiasi altro editore.

Ci pare improbabile calarci in un ruolo di azzeccagarbugli che non ci appartiene, né vogliamo unirci al totoscommesse sulle motivazioni della sentenza. Ugualmente non ci lasciamo appassionare da suggestioni in salsa ER sull’aviaria o sull’ultima sindrome cinese, très à la page bien sûr, ma cariche di molto sensazionalismo e poca sostanza. Prosegui la lettura »

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Aggiornare twitter e comunicare sul web con un vecchio cellulare GSM

Sfruttare la velocità dei tweet nel propagare l’informazione può essere un metodo utile per narrare momenti di lotta e dare vita a quel loop virale mobile che contribuisce a creare e diffondere rappresentazioni altre ed in rotta di collisione con quelle filtrate dai media ufficiali. Una partita questa, che si deve giocare sul filo di lana del tempo reale per non essere fagocitati dalla vorace ridondanza del rumore di fondo della rete e che si riesce a vincere veicolando notizie grazie alle relazioni sociali che in essa riusciamo a costruire.

Aggiornare il nostro Facebook o il nostro status su Twitter in tempo reale (durante una manifestazione ad esempio) può però sembrare difficile, poco pratico e sopratutto costoso utilizzando cellulari di ultima generazione o portatili con chiavette wireless. Spesso non si dispone delle competenze o degli strumenti adatti. Gli smartphone in particolar modo, pur essendo strumenti interessanti e prestandosi  alle più svariate funzioni, risultano essere oggi alla portata di pochi per via loro costi esorbitanti.
La domanda allora sorge spontanea come da diversi decenni a questa parte

Che fare? 😉
Che possiamo fare noi che siamo ancora dotati del nostro fedele cellulare del ’99 il quale per dimensione assomiglia ai netbook di ultimo grido e che oltre a telefonare, riesce a malapena a mandare brevi messaggini? Che inventarsi in Italia dove è possibile aggiornare via sms solo Facebook (madonnine permettendo) e solamente con uno dei quattro operatori principali?

Possiamo sfruttare un nuovo servizio nato nel mondo dei socialnetwork: post.it .

Si tratta di uno strumento di facile utilizzo ed estremamente accessibile che sfruttando la funzione Ultrapost ci permette di aggiornare il nostro status semplicemente inviando degli SMS. Ma andiamo con ordine e partiamo dal principio. Prosegui la lettura »

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