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Hack cannuccia wireless – Come potenziare la vostra antenna wireless con pochi spiccioli

      

La qualità, come è noto, si paga. Ma in tempi di crisi vale la pena di sottrarre questo valore aggiunto alle grandi catene dell’elettronica, appropriandocene e formandoci con l’attitudine e la pratica dell’hacking hardware e, auspicabilmente, facendo circolare il reddito risparmiato in circuiti più affidabili  🙂

Questa simpatica videoguida mostra come potenziarsi con pochi spiccioli la vecchia antenna wireless buona giusto per interferire con il vostro telefonino nel metro quadrato circostante, e quantomeno renderla funzionale per il suo scopo originario. Invitiamo tutt* a segnalarci altri video in lingua (con un audio minimamente decente, please!) sull’argomento che reputino interessanti da tradurre. Buona visione…

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Bloccare i server pubblicitari con dnsmasq

Quello che segue è la traduzione di un piccolo tutorial su come utilizzare dnsmasq ( un server dhcp ma sopratutto un risolutore dns adatto alle lan domestiche ) per bloccare i banner inviati dai server pubblicitari  che spesso infestano le nostre ( altrimenti felici ) sessioni di navigazione.
Lo abbiamo utilizzato con Debian negli internet point che abbiamo creato in tutti gli spazi occupati e liberati dal Laboratorio Crash! durante i differenti percorsi di lotta che si sono susseguiti negli ultimi anni.

In Debian per installare dnsmasq utilizzate il comando:

apt-get install dnsmasq

Nel file /etc/dnsmasq.conf troverete tutte le voci di configurazione abbondantemente commentate in modo tale da permettervi di scegliere la configurazione che ritenete più adatta alle vostre necessità.

Perché utilizzarlo? Sceglilo da te il tuo motivo.

Può essere per una forma di rifuto ai continui stimoli che vi invitano all’iper consumo. Anche perché magari di seguire le indicazioni del premier e di consumare a natale per salvare oggi le banche che ieri hanno fatto da intermediatrici bancarie, vendendo consapevolmente le obbligazioni marcie della Parmalat PROPRIO NON TI VA.

Può essere perché ti fa incazzare terribilmente vedere la tua linea internet ( che già paghi a caro prezzo, spesso in cambio di un servizio pessimo ) rallentatata da continue pubblicità non richieste.

Può essere che non ti va di trovarti la cache del browser piena di cookie di doubleclick, il cui scopo, come in un circolo vizioso, è tracciarti e profilarti sempre di più fino a portare allo stremo la tua forza di sopportazione per obbligarti a comprare qualcosa prima o poi.

Può essere per un senso di fastidio permanente nel vedere pubblicizzato l’ultimo inutile, luccicante e costoso gingillo della Apple per ascoltare gli mp3  ( che tanto comunque non potrai mai comprarti perché se già prima arrivavi si e no a fine mese tra affitto, università, bollette, tasse ecc ecc ecc, ora che Sacconi ha avuto la bella pensata di proporre la settimana corta a salario ridotto sono proprio cazzi tuoi )

( Oh però mi raccomando… Non ti scaricare la musica pirata che uccide la cultura, Faletti (magari!)  finanzia il terrorismo, il mercato del narcotraffico e degli organi umani , ti fa spendere di più ( dice la saggia Gabriella Carlucci, un tempo soubrette di punta del peggiore trash televisivo italiano domenicale e oggi figura di spicco della Commissione Collaborazione Italia – Messico della camera dei deputati ) è un crimine e sopratutto non permette ai vertici della SIAE di avere la loro vacanzetta extra a Thaiti a Pasqua mentre tu non hai avuto neppure la tredicesima a Natale )

Buona lettura, e se avete suggerimenti in merito a come migliorare questo piccolo script ( realizzato da lindenle e apparso su Debian Administration ) non esitate a segnalarceli. Prosegui la lettura »

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Info Enclosure 2.0 – di Dmytri Kleiner e Brian Wyrick

Storicamente, il fenomeno delle enclosures ha rappresentato un momento chiave della transizione dall’economia agraria a quella industriale:nell’Inghilterra di fine ‘700, recintare privatizzandole le terre comuni (i commons per antonomasia) non significava solo imporre un sistema di diritti di proprietà, ma anche creare un esercito di disoccupati – i contadini la cui sussistenza dipendeva dal libero accesso a quelle terre – pronto a riversarsi nelle città e ad accettare condizioni di vita e lavoro degradanti, oltre a qualsiasi miseria graziosamente concessa dai nuovi padroni dell’industria, pur di sfuggire allo spettro della fame. 

Contrariamente alla retorica neoliberista, questa ci appare come la vera "Tragedy of Commons", che duecento anni dopo puntualmente si ripresenta come farsa, o amara ironia della sorte, se consideriamo il carattere apparentemente speculare e gli obiettivi delle nuove enclosures del cyberspazio, e della nuova manodopera che le subisce.

Infatti, con un altro parallelo, se fino allo scoppio rovinoso della bolla della New Economy delocalizzazione voleva dire riposizionamento del capitale fisso, chiudendo impianti produttivi nei paesi a capitalismo avanzato – ad alto tasso di conflittualità in fabbrica e a compiuta formalizzazione dei diritti dei lavoratori – e spostandoli in altri dove il lavoro veniva (e viene) disciplinato dallo schiavismo e dalla coercizione, nella terra promessa (per gli imprenditori) del Web 2.0, delocalizzazione vuol dire riposizionamento del capitale umano sfruttabile, da una fascia ristretta di professionisti istruiti e remunerati – che avevano modellato in relativa autonomia la prima internet sui propri bisogni e desideri – ad una massa di prosumer-dilettanti, inconsapevoli della messa a valore,della inforecinzione del proprio tempo libero e delle proprie passioni operata dei nuovi infolatifondisti. Con la differenza, rispetto a fine ‘700, che non è il tozzo di pane per sopravvivere la miseria da questi ultimi elargita ma la sensazione, sempre inesausta e bisognosa di riscontri, data agli internauti di essere riusciti a gratificare sé stessi.

Ovviamente ciò non può avvenire senza ingenti investimenti in infrastrutture, sia di comunicazione che di storaggio, che catturino nelle loro maglie la mole più ampia possibile di dati e creazioni personali, da cui ricavare trend per proporre adeguati servizi a pagamento. Un numero sempre crescente di esse viene progettato al fine di privilegiare la circolazione di beni digitali e servizi in rete consumati in conformità con le regole del capitale rispetto agli altri. E la più generale prospettiva di una internet asincrona – che già vediamo nella banda di telecom elargita a due velocità, nei blocchi contro il P2P di Comcast, e nelle campagne in favore di corsie preferenziali per la distribuzione di contenuti in rete – è solo l’ultimo tassello, la pietra tombale, l’istituzionalizzazione definitiva di questo disegno di controllo del cyberspazio.

Il contributo di Dmytri Kleiner e Brian Wyrick che segue completa Copyfarleft, Copyjustright e la Legge Ferrea degli Introiti da Copyright, da noi recentemente tradotto in italiano.

Ricostruisce i passaggi di aggregazione attorno al Web 2.0 di un immaginario capitalista; di come questo abbia vampirizzato, distrutto, e riassemblato attorno alle proprie esigenze l’economia delle dot com, e disperso la classe dei lavoratori della conoscenza che le alimentava; di come il processo di creazione di valore sotteso al Web 2.0 si basi su media effimeri come sensazionalismo, tormentoni e marketing emozionale; di come parallelamente rappresenti una chive di volta nel contrattacco e nella normalizzazione dall’alto sia verso il fenomeno P2P sia verso quella neutralità che ha sempre caratterizzato la rete fin dalle sue origini, riproponendo infrastrutture e modelli di distribuzione di beni e servizi digitali centralizzati ( e per questo facilmente controllabili e censurabili ); evidenziando in sintesi come di fatto il modello comunicativo del tanto decantato secondo web, rappresenti a tutti gli effetti uno strumento paradigmatico di controllo biopolitico volto all’esproprio ed all’imbrigliamento dell’intelligenza collettiva grazie a meccanismi e dispositivi di sfruttamento estensivo e di perenne messa al lavoro di un’intera società, calata in modo brutale nel ciclo vertiginoso di crisi e ristrutturazione del Capitale.

Buona lettura e buon 2009 da parte di tutto il collettivo di IFF! Prosegui la lettura »

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Copyfarleft, Copyjustright e la Legge Ferrea degli Introiti da Copyright – Oltre il Copyleft, verso dei Commons Autonomi

Fin dalla prima Info Free Flow, il dibattito sul copyleft ci ha sempre accompagnato nella nostra ricerca come naturale complemento della nostra critica al software proprietario: come strategia per costruire vie di fuga ed immaginari di conflitto rispetto all’insostenibile condizione di ingessamento di arti e saperi nelle spire di un sistema di proprietà intellettuale escludente, eterodiretto e parassitario.

Al riproporsi sfinente di sempre nuove estensioni dei diritti di proprietà su opere di autori scomparsi da anni (quando non decenni) e delle continue crociate contro la "pirateria multimediale" abbiamo opposto la libertà di circolazione e riproduzione delle opere insita nelle licenze creative commons come, da una prospettiva più informatica, ci siamo opposti alle chiusure del codice e alle implementazioni di una volontà di controllo spaziale e temporale delle modalità di fruizione di beni informazionali come il DRM; oggi, tuttavia, proseguiamo il nostro percorso in un panorama profondamente mutato.
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Save the internet – Un video sulla net neutrality

Di questi giorni, sembra essere un passatempo particolarmente gettonato per gli spauracchi telecoz quello di prendere di mira pratiche ed infrastrutture di libera condivisione di saperi e beni digitali, con attacchi vuoi subdoli, vuoi maldestri.

Il trait d’union di queste azioni censorie rimane sempre il tentativo di imporre una internet a due velocità, in cui taluni servizi di impostazione commerciale godano di canali di distribuzione e visibilità prioritari e privilegiati, da pagarsi a caro prezzo, rispetto al P2P open e free (talvolta l’unico modo per giovani artisti ed esperienze di autoproduzione per farsi conoscere e crescere), a cui non rimarrebbero che le briciole della banda telematica, se non la totale interdizione da essa.

Prova lampante ne è il famigerato servizio Alice 20MBIT+IPTV: una velocità teorica, se non per sciropparsi i favolosi contenuti video graziosamente elargiti da mannaia telecom, mentre lo sventurato che preferisca accedere ad altre più terrene esperienze (anche fornite da altri operatori commerciali) o caricare su internet i propri contenuti multimediali, vede la propria velocità di download/upload latere su cifre irrisorie.

E’ così che il provider-operatore di telefonia, davanti al crollo degli introiti tradizionali con la diffusione delle comunicazioni VOIP, si reinventa distributore di contenuti, trovandosi nella vantaggiosa posizione di "controllare il traffico" in virtù del proprio monopolio naturale sull’infrastruttura a cui lo stesso traffico accede, e su cui si sposta ed arriva a destinazione: i cavi telefonici.

Il video che abbiamo voluto tradurre e che qui presentiamo – "Net Neutrality – Save the Internet" – ben esemplifica questo concetto. Si tratta di un episodio del film "Four Eyed Monsters", diretto dai due giovani cineasti newyorkesi Arin Crumley e Susan Buice, e approdato agli Slamdance e Sundance Festival dopo un’avventurosa diffusione nei circuiti P2P e su diversi social network.

"Net Neutrality – Save the Internet", unendo spezzoni documentaristici ad emozionalità in presa diretta, ripercorre la storia sociale dei media in America, dai primordi della stampa manuale all’epoca contemporanea, delineando come la loro naturale appropriazione da parte popolare sia stata di volta in volta dirottata da regolamentazioni a senso unico, vere e proprie lottizzazioni privatiste dello spettro di trasmissione dell’informazione.
In questa narrazione, sono proprio AT&T, Verizon e Comcast, i corrispettivi USA delle nostre Telecom e Fastweb, a premere per estendere tali  "recinzioni" al cyberspazio, in violazione del principio di neutralità della rete – vale a dire la possibilità di comunicazione paritaria tra due soggetti anche dotati di diversa qualità del servizio internet.
Ma resistere è possibile e necessario, ed a partire dalle denunce di Tim Berners-Lee, padre del WWW, e del giurista Lawrence Lessig, veicolate dal rumore di fondo di blogger e social network, si dipana una grande mobilitazione popolare dentro e fuori la rete, che arriverà a strappare al potere l’Internet Freedom and Nondiscrimination Act del 2006 e la più recente sentenza della FCC su Comcast dello scorso 1 Agosto.

A questo link potete trovare il video, già tradotto, in una buona qualità mentre cliccando qua potete trovare il file dei sottotitoli.

Buona Visione!

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Switzerland: come testare la neutralità del proprio ISP

Da poche ore la Commissione Federale delle Comunicazioni ( FCC ) si è espressa favorevolmente per rendere esecutive delle sanzioni contro il provider americano Comcast, ritenuto colpevole di aver violato la neutralità della rete e di aver danneggiato gli utenti: l’accusa principale e più grave è quella di aver applicato dei filtri sul protocollo di file sharing bittorrent al fine di limitarne ed impedirne l’uso.

Comcast sorvegliava le comunicazioni che transitavano lungo la sua infrastruttura, interferendo all’insaputa dei netizen con il popolare protocollo p2p, iniettando arbitrariamente pacchetti nelle comunicazioni degli utenti in modo tale da bloccarle.

Giusto per rendere l’idea: facendo un parallelo è come se la vostra compagnia telefonica a suo piacimento decidesse quali parti della vostra telefonata possono essere inviate all’utente con cui state conversando e quali no.

L’ipotesi di violazione della net neutrality era stata sollevata in un primo momento dalla Associated Press ed in seguito dall’EFF (Electronic Frontier Foundation), la nota organizzazione che da anni si batte per la salvaguardia dei diritti degli utenti in rete: quest’ultima dopo avevr eseguito dei test all’interno del network di Comcast ne aveva confermato la veridicità.

Dietro a questa torbida vicenda, se da una parte è sicuramente ravvisabile un ennesimo fronte della lotta delle industria dell’informazione contro il p2p e la condivisione di saperi in rete, da un’ altra prende forma uno dei possibili sviluppi futuri delle tecniche di censura in rete. Qualcosa di molto simile infatti avviene già in Cina, dove  la censura è resa possibile grazie ad un’accurata ispezione del traffico di rete degli utenti. Un dispositivo di sorveglianza e di controllo molto somigliante a quello utilizzato dalla statunitense Comcast.

In questo inquietante panorma è però necessario menzionare anche il caso dell’ Italia securitaria e paranoica di questi giorni: il decreto Gentiloni, approvato dal precedente governo di centro sinistra, é sempre in vigore e prevede il blocco di una serie di siti di gioco on line, agendo sui DNS nazionali. Un sistema questo, tanto di spiccata tendenza orwelliana quanto di evidente inutilità sul lato pratico ( è infatti facilmente aggirabile grazie all’utilizzo degli OpenDns ) ma che rappresenta un chiaro segnale politico ed un banco di prova relativamnete a quello che potrebbe essere il futuro della rete, in fatto di tecno-controllo, anche in Italia.

A seguito di questa vicenda la EFF ha sviluppato "Switzerland" , il tool di cui oggi vogliamo parlarvi.
Si tratta di un software per permettervi di capire se i vostri ISP ( internet service provider ) violino o meno il principio di neutralità della rete intromettendosi indebitamente nelle vostre comunicazioni.

Noi abbiamo cominciato ad utilizzarlo e stiamo mandando ai programmatori della EFF i primi risultati (non si tratta ancora di dati relativi agli ISP italiani ma di debugging del software che in questo momento è ancora in fase di sviluppo).

Vi invitiamo a fare altrettanto.

Quella che segue è una traduzione da noi realizzata della presentazione del progetto Switzerland. Buona lettura. Prosegui la lettura »

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