Il ministero degli esteri Israeliano ha pubblicato sul suo account Flickr una galleria di foto delle “armi” sequestrate sulla “Marmara”, l’imbarcazione della Freedom Flotilla su cui si è consumatala strage che ha fatto registrare fino a questo momento nove morti e diverse decine di feriti fra gli attivisti presenti a bordo.
Non è stato sufficiente per Israele accentuare il suo isolamento e perdere l’appoggio di un alleato strategico come la Turchia. Non sono bastate le reazioni che hanno portato alla mobilitazione dei movimenti sociali in Europa (culminati un paio di giorni fa in
violenti scontri a Parigi ed Atene), Medio Oriente ed America. Non è ancora abbastanza lo sdegno e l’imbarazzo provocato nelle cancellerie di tutto il mondo (in primis di quella americana). Lo stato ebraico ha deciso che la misura non è colma e con la pubblicazione di tali foto in rete sigla quello che può che essere considerato a tutti gli effetti come un ennesimo autogol.
Perché?
Prima di tutto perché come segnalato in questo blog i metadati EXIF riportati da Flickr (ovvero il momento esatto dello scatto, la marca della macchina fotografica utilizzata,
eventuali manipolazioni dell’immagine e molti altri dati) di alcune delle foto pubblicate risalgono al 2006 se non al 2003: il che significherebbe che tali immagini sono state realizzate 4 e 7 anni fa in altri contesti. Anomalo inoltre che tale incongruenza riguardi non una, ma ben quattro delle macchine fotografiche utilizzate per produrre la documentazione ufficiale del ministero degli esteri israeliano. Destano infine sospetto anche gli orari che contrassegnano alcuni degli scatti, considerati troppo prossimi all’attacco dei commandos israeliani. Si tratterebbe insomma di ciò che in rete viene comunemente definito come “fake” ovvero dei falsi creati all’occorrenza.
Anche supponendo però che tali elementi contraddittori siano frutto di un errore causato dalla mancata impostazione dell’orario sulle fotocamere, ne conseguirebbe
che il valore documentale di molte delle immagini presentate al pubblico mondiale sia da considerarsi nullo.
Attenzione però a dilungarsi (come effettivamente è avvenuto in alcuni blog) sull’eventuale presenza di doppi orologi interni alle fotocamere, date di produzione sballate o altri dettagli tecnici ancora. Queste discussioni rischiano di sollevare polveroni pronti a trasformarsi nel proverbiale fumo negli occhi, col rischio di mettere fuori fuoco e rendere sgranati i colori della vera immagine che ci si staglia di fronte.
Il punto della questione infatti è ben altro:
come si può pensare di giustificare il blitz che ha insanguinato le acque del mediterraneo orientale domenica notte portando come argomentazione la presenza di oggetti che solo la
squallida retorica delle Nierstein e dei Feltri potrebbe definire “strumenti atti ad offendere”? Come si può sostenere che gli attivisti della “Freedom Flotilla” abbiano deciso di ingaggiare una scontro con i commandos israeliani armati di fucili d’assalto M16 brandendo taglierini arrugginiti della grandezza di un pollice? Seriamente: classificare come armi i binocoli e l’ equipaggiamento per la visione notturna presenti su una nave che sta attraversando mezzo Mediterraneo non suona (per dirla in modo eufemistico) un tantino grossolano? E allora perché non includere nello stessa categoria anche i barometri ed i compassi marittimi?
Certo il terrore monta dentro ognuno di noi stringendoci alla gola quando con raccapriccio scopriamo che nella stiva della nave erano celati giubbotti antiproiettile della mezzaluna rossa (probabilmente utilizzati in zone di guerra da chi compie opera di soccorso ed assistenza medica sul campo), asce, spray al peperoncino (!!!) e coltelli arrugginiti con cui non puoi nemmeno tagliare il pane (ma forse le autorità israeliane si sono chieste perché mai a Gaza avrebbero dovuto aver bisogno di arnesi da cucina dato l’embargo che da mesi sta affamando l’intera popolazione). Ora si che appare chiaro il senso dell’abbordaggio in mare! Ora si che la carneficina é spiegata e legittimata agli occhi del mondo!
La realtà è ovviamente una ed una sola.
La pubblicazione di queste foto (a cui fra l’altro fanno da cornice centinaia di commenti dal tono critico, dileggiatorio quando non apertamente ostile) è certo sinonimo della
medesima arrogante tracotanza, figlia di quel pluridecennale senso di impunità di cui Israele si fa scudo (come anche oggi ha ricordato Angela Lano al suo ritorno in Italia). Ma mette anche in evidenza come la propaganda israeliana stia provando ad aggrapparsi anche ai più sdrucciolevoli e miserabili appigli, per uscire dall’accerchiamento mediatico che la sta
stringendo all’angolo, nel maldestro tentativo di giustificare la mattanza protratta sulla “Freedom Flotilla”.
Adesso pazientemente sfogliate le pagine dalla galleria Flickr del ministero degli esteri Israeliano. Disponete mentalmente le fotografie una accanto all’altra e provate a gettare uno sguardo d’insieme. Come accade quando si uniscono i pezzi di un puzzle apparirà un’unica immagine di rinnovata nitidezza.
È l’immagine meschina di chi ricurvo nei sottoscala fabbrica molotov false, fa scoppiare bombette a tempo e da in pasto all’opinione pubblica
funamboliche perizie per giustificare massacri, repressione e macellerie sociali e messicane.
Do you remember scuola Diaz – Genova 2001?
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