“If you see a brother… SALUT! If you see a fed… SHOOT!”: questo il monito infuocato di uno dei tanti messaggi rimbalzati nei giorni scorsi tra le messaggerie della Londra in sommovimento.
Di pari passo col dilagare della sommossa nel tessuto metropolitano, da Peckham ad Oxford Circus, da Croydon ad Hackney, i quartieri londinesi si trasformavano in hashtag di Twitter; e con l’estensione dei disordini al resto del Regno i #tottenhamriots divenivano #londonriots fino ad ingigantirsi in #ukriots. Una cassa di risonanza enorme per gli insorti che hanno sfidato l’apparato altamente specializzato della MET, la polizia metropolitana in grado di contare sul panopticon orwelliano delle CCTV – le onnipresenti telecamere a circuito chiuso che fanno del regno insulare uno dei paesi più sorvegliati al mondo – e sul sistema cifrato di radiotrasmissione Airwave.
Ma il cuore dell’organizzazione e del coordinamento delle azioni è stato il servizio di messaggistica gratuito BBM (BlackBerry Messenger, che gira esclusivamente sullo smartphone dell’azienda canadese RiM, uno dei più diffusi tra i teenager d’oltremanica), la cui natura privata e pseudoanonima ha reso difficile l’opera di contrasto ai disordini; con lo scambio di informazioni e coordinate che avveniva attraverso messaggi individuali e “broadcast” da uno a molti, ripubblicati solo parzialmente o successivamente sugli altri social network.
Un’impotenza da parte delle forze dell’ordine resa evidente dagli arresti di tre teenager britannici, rei di “incitamento alla violenza” , attraverso i propri commenti su Facebook e Twitter. Ma se il network di Palo Alto si è rifiutato di sospendere gli account dei rioters davanti alle richieste in tal senso di Scotland Yard, tutt’altro discorso va fatto per la RiM: la quale si è dimostrata fin da subito prontissima alla collaborazione con le autorità di polizia, offrendo loro l’accesso alle chiavi di cifratura della messaggistica del BBM (allo stesso modo di quanto fatto lo scorso anno con le autorità degli Emirati Arabi Uniti e dell’Arabia Saudita, regimi in prima linea nella repressione della Primavera Araba e del proprio dissenso interno). Non solo, l’indisponibilità dell’azienda nella serata di mercoledì di confermare o smentire la possibilità di sospensione del servizio nell’area londinese ne ha fatto temere per ore l’imminente censura; un’eventualità inedita in occidente.
Una posizione presa di mira da più parti, a cui il colpo più duro è stato assestato dalla crew hacker TeaMp0isoN (già nota per aver defacciato la pagina Facebook e diffuso gli archivi dei membri dell’English Defense League, organizzazione emergente nel panorama dell’estrema destra britannica): violato il blog ufficiale Inside BlackBerry, il gruppo ha provveduto a rilasciare un comunicato in cui si invitava l’azienda canadese a desistere dalla collaborazione con le autorità sotto la minaccia di rendere a loro volta pubblici indirizzi e riferimenti dei dipendenti di RiM stessa.
Va segnalato come i social network (“aperti” e “chiusi”) non siano stati solamente attraversati dal conflitto, ma anche dagli occhi sempre più numerosi degli organi della grande stampa: dai cronisti del Guardian e di BskyB accorsi sul BBM per richiedere interviste, a quelli della Reuters impegnati nella diretta via Twitter fino al nostrano Corriere della Sera; il cui direttore De Bortoli (da poco sbarcato sul network cinguettante) dopo aver lanciato l’appello ai propri lettori a commentare la giornata attraverso l’hashtag #londonriots ha composto a suo piacere un collage dei tweet prodotti, che ha trovato spazio anche nella versione cartacea del quotidiano.
Dinamiche di crowdsourcing familiari alle forze dell’ordine britanniche, che non hanno esitato a servirsene nella caccia al wanted 2.0: nei giorni scorsi la MET ha riversato sulla rete una quantità di foto segnaletiche estrapolate dal sistema delle CCTV, pronte per essere sottoposte al vaglio di un esercito di spie e delatori attraverso le gallerie di Tumblr e Flickr – mentre collaudate reti di polizia diffusa come Crimestoppers hanno prontamente riconfigurato le proprie interfacce web per connettere al meglio i due terminali della reazione.
Chiamate alle armi che cercano di dividere la middle class britannica impoverita dalle rivendicazioni profonde degli insorti; e veicolate sotto altre forme e modalità anche da personaggi di spicco dello sport e della cultura come il calciatore Wayne Rooney (i cui eccessi glorificati dai tabloid di Murdoch evidentemente non possono valere per i comuni sudditi di sua maestà) e l’ “artista ed attivista” Dan Thompson, promotore dell’iniziativa #riotscleanup: l’invito a munirsi di scope e scoponi ed usarli per cancellare le tracce di un disagio ormai fattosi materialità nelle strade. La risposta di uno spicchio di comunità intrappolato nelle maglie mediali della rete conservatrice, o nel caso peggiore ad essa partecipe, e pronto ad occultare l’abisso sociale di Brixton lucidando le vetrine della Londra preolimpica.
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