Articoli con tag crowdsourcing

Le carte scoperte di Wikileaks

La mossa di Wikileaks di rilasciare nelle scorse ore sul web i 251.287 cable del Dipartimento di Stato statunitense, (desecretandoli e rendendoli liberamente accessibili) e delegarne la disamina e la selezione al crowdsourcing dell'”intelligenza della rete” (che, data la complessità che si affronta nella lettura e nella decifrazione delle comunicazioni diplomatiche, è giocoforza ridimensionare a comunità ristrette di esperti, dotati di particolari competenze) segna una rottura netta rispetto alle tattiche utilizzate in passato dall’organizzazione di Assange.

Si tratta di una scelta forse obbligata dall’evolversi degli eventi degli ultimi mesi, con la necessità di rilegittimare Wikileaks e la figura di Assange agli occhi del grande pubblico dopo un periodo non esattamente felice, ma che può rivelarsi un salto nel buio pieno di incognite.

Da una parte, infatti, Wikileaks/Assange rinunciano alla propria tattica principale – ovvero la partnership privilegiata con alcuni grossi centri dell’informazione mondiale quali il Guardian, il New York Times, il Washington Post, lo Spiegel (i quali hanno subito condannato assieme allo stesso Dipartimento di Stato le modalità di diffusione del nuovo leak) ma anche con attori locali (in Italia il media partner di Wikileaks è stato il gruppo Espresso) nella procedura di rilascio delle informazioni confidenziali. Prosegui la lettura »

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#UKriot! Cyberinsorti ed hacker contro la polizia diffusa

“If you see a brother… SALUT! If you see a fed… SHOOT!”: questo il monito infuocato di uno dei tanti messaggi rimbalzati nei giorni scorsi tra le messaggerie della Londra in sommovimento.

 

Di pari passo col dilagare della sommossa nel tessuto metropolitano, da Peckham ad Oxford Circus, da Croydon ad Hackney, i quartieri londinesi si trasformavano in hashtag di Twitter; e con l’estensione dei disordini al resto del Regno i #tottenhamriots divenivano #londonriots fino ad ingigantirsi in #ukriots. Una cassa di risonanza enorme per gli insorti che hanno sfidato l’apparato altamente specializzato della MET, la polizia metropolitana in grado di contare sul panopticon orwelliano delle CCTV – le onnipresenti telecamere a circuito chiuso che fanno del regno insulare uno dei paesi più sorvegliati al mondo – e sul sistema cifrato di radiotrasmissione Airwave.

 

Ma il cuore dell’organizzazione e del coordinamento delle azioni è stato il servizio di messaggistica gratuito BBM (BlackBerry Messenger, che gira esclusivamente sullo smartphone dell’azienda canadese RiM, uno dei più diffusi tra i teenager d’oltremanica),  la cui natura privata e pseudoanonima ha reso difficile l’opera di contrasto ai disordini; con lo scambio di informazioni e coordinate che avveniva attraverso messaggi individuali e “broadcast” da uno a molti, ripubblicati solo parzialmente o successivamente sugli altri social network.

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