Articoli con tag turchia

Red! La storia di RedHack

Un documentario della casa cinematografica indipendente BSM sul leggendario gruppo di hacker turchi da sempre schierati dalla parte dei movimenti sociali e dell’informazione libera. Sessanta minuti di filmato per comprendere meglio il mondo dell’hacktivismo.

 

redhack_clipboard_1Sottotitolato in italiano dal team di traduttori di Infoaut.org, Red! arriva sugli schermi dei vostri computer al momento giusto. Prodotto dalla casa cinematografica indipendente BSM, questo documentario dal ritmo incalzante ha infatti il pregio di addentrare lo spettatore, anche quello a digiuno di tecnologia, in uno dei terreni più inesplorati e allo stesso tempo qualificanti dei conflitti odierni: quello dell’hacktivism, termine derivato dalla commistione di due parole (hacking e activism) che individua nei dispositivi e nei network digitali un terreno di scontro e cambiamento sociale.

A reggere il filo rosso dei sessanta densissimi minuti di filmato (tutti liberamente visualizzabili su Youtube) ci sono le voci dei Redhack, celeberrima crew di hacker comunisti turchi salita recentemente alla ribalta delle cronache per aver partecipato a giugno alla rivolta di Gezi Park. Data di fondazione 1997, questa formazione di hacktivisti aveva però fatto parlare di sé già in passato, sia per il suo supporto alla causa curda che per l’intrusione nei sistemi informatici del direttorato della polizia di Ankara. Il suo exploit più clamoroso tuttavia era stato quello che aveva portato alla violazione della rete del Concilio Turco per l’Alta Educazione, dai cui database erano emersi decine di migliaia di documenti che testimoniavano quanto il fenomeno della corruzione fosse radicato nella gestione del sistema educativo del paese. Un attivismo costato caro a diversi membri dell’organizzazione, additati come terroristi dalla stampa locale ed arrestati dalle autorità con capi d’imputazione che prevedono pene fino a ventiquattro anni di detenzione. Prosegui la lettura »

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«Sono legione, non cyberterroristi»

17 maggio. All’alba la Procura di Roma ed il CNAIPIC fanno scattare l’operazione “Tangodown” contro alcuni presunti membri di Anonymous Italia: 4 ragazzi finiscono agli arresti domiciliari, altri 6 vengono perquisiti mentre decine di computer ed una grande quantità di materiale informatico sono posti sotto sequestro dalle forze dell’ordine. Per tutti gli indagati le accuse sono le stesse: associazione a delinquere finalizzata al danneggiamento di sistemi informatici, interruzione illecita di comunicazioni informatiche e telematiche, accesso abusivo a sistemi informatici. Nelle settimane successive la reazione di Anonymous non si fa attendere: uno stillicidio di attacchi colpisce prima il sito del tribunale di Roma, poi quelli dei sindacati di polizia SIULP e SAP. Infine viene messo a segno il colpo più ghiotto: a finire nel mirino degli hacktivisti è il ministero degli Interni, i cui server vengono violati ed i materiali trafugati pubblicati in rete. Basterebbe forse questo per smentire la versione ufficiale degli inquirenti che, a poche ore dagli arresti, già parlava di “decapitazione del vertice di Anonymous”. Eppure molti altri dubbi circondano l’operato degli investigatori: dal ricorso alla disciplina antiterroristica nei confronti degli attivisti fino alla contestazione del reato associativo che, se confermata in sede processuale, potrebbe costare agli imputati una pena dei tre ai sette anni di carcere. Infoaut ha deciso di vederci più chiaro ed ha intervistato l’avvocato Fulvio Sarzana, giurista ed esperto di diritto dell’informazione, che da più di dieci anni si occupa di tecnologie digitali e di internet. Prosegui la lettura »

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