Web 2.0: Entropia delle Reti Autogestite contro Distopia della Trasparenza


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Quest’anno la matassa di Info Free Flow si è dipanata in diversi momenti interdisciplinari: come un network sociale, in questo caso "analogico", in miniatura ci si è avvalsi di strumenti eterogenei per una disamina comparata del nostro ambito tecnologico, attribuendo etichette diverse di volta in volta ai fenomeni ai/dai quali ci siamo interessati e socializzandole con gli altri. In altre parole, facendo networking.

Networking vuol dire riunire esperienze eterogenee, rielaborare il proprio vissuto alla luce dei contributi altrui e autocostruire le infrastrutture fisiche, digitali e mentali più adatte ad aiutare la progressione del
confronto.  
Tuttavia ciò non basta. Attraversando i principali temi del dibattito informatico degli ultimi anni, diventa opportuna la critica dello strumento del networking rispetto a tutta una serie di nodi della sua fruizione: cosa comunicare e cosa no (privacy), tramite quali canali farlo (web 2.0 piuttosto che Darknet), come garantire la portabilità di dati e profili, che uso ne verrà fatto (licenza di appropriazione dell’informazione/conoscenza trasmessa da parte di terzi e profilazione).

Due sono comunque gli ambiti che definiscono il tipo di network che andiamo a criticare, cioé l’infrastruttura e l’hardware di rete e l’insieme degli utenti che vi si rapporta con le proprie pratiche.
Nelle società capitalistiche avanzate, a parte sacche di digital divide dove non è conveniente per il privato investire ed il pubblico latita, le infrastrutture di connessione alla rete fanno passi avanti ed i costi degli abbonamenti si abbattono: la strategia del capitale è quella di includere nel mercato il maggior numero possibile di utenti per aumentarne i profitti legati alle code lunghe. A questo fine, come mezzo pubblicitario viene prediletta la rete, dato che gli strumenti tradizionali come giornali, radio, tv e campagne porta a porta non sono in grado di presentare inserzioni di specificità paragonabile agli Adsense di Google rispettoalle esigenze dei nuovi consumatori.
 
Specularmente a questo interesse economico, molto solerte ad espandersi e ramificarsi, si sono compresse a lungo le potenzialità di utilizzo liberatorio delle reti. In riferimento alla tecnologia wireless, a lungo le case produttrici di quelle apparecchiature non rilasciavano i sorgenti dei driver, reprimendone le possibilità di modifica e adattamento alle proprie esigenze da parte degli utenti.

Davanti a quest’uso puramente funzionale del mezzo wireless, prospettato dai mille paletti e restrizioni delle normative pubbliche e dei contratti privati, la sfida è quella di promuovere l’attitudine a sperimentare,
testare, giocare con questa tecnologia e a progettarne usi alternativi, per soddisfare bisogni e desideri e riappropriarsi di reddito nella misura in cui tecnologie sviluppate dal basso diventano in grado di sostituire od
integrare le costose apparecchiature preconfezionate che monopolizzano il mercato.

Altri temi portati alla ribalta dall’esponenziale crescita della tecnologia di rete ed al numero di entità che con essa si interfacciano sono quelli della privacy, dell’anonimato e del tecnocontrollo.
Negli ultimi cinque anni, l’aumento della velocità di trasmissione dei dati e della capacità di storage degli stessi hanno reso possibile la diffusione di informazioni in quantità e qualità incomparabile rispetto a prima.
Il tecnocontrollo nasce nel momento in cui è resa possibile su larga scala l’associazione di esse a persone fisiche, che a quel punto si tramutano in persone digitali.

La persona digitale si configura a sua volta come spazio in continuo divenire di flussi informativi, la disseminazione inconsapevole dei quali – operata nel corso di spostamenti e transazioni dentro e fuori la rete – pone il problema del loro monitoraggio ed utilizzo da parte di terzi, e la necessità di proteggerli con abitudini e tecnologie appropriate.
 
La proiezione sulla rete che individualità e collettivi fanno di sé, con l’immissione – non solo consapevole ma persino particolareggiata – dei propri dati personali su network sociali come Myspace, Youtube, Flickr e Facebook, risulta nella pubblicazione e nella categorizzazione di preferenze, orientamenti, progetti e percorsi.
Se da una parte queste strutture rappresentano una fonte di opportunità comunicative, di networking e costruzione
di immaginario, ciò non è dato gratuitamente: i dati personali e collettivi racchiudono un valore intrinseco di cui la profilazione a fini commerciali si appropria di volta in volta, utilizzando le preferenze di consumo aggregate degli utenti per vendere loro l’ultima trovata sul mercato, fornendo informazioni su di loro a chi dovrà decidere della loro
compatibilità con qualche impiego, o alimentando ulteriormente la macchina pervasiva del tecnocontrollo statale.

Non più (o meglio, non solo) quindi l’archetipo orwelliano del grande fratello, monolitico, statale e repressivo, bensì una geometria variabile di grandi fratelli, detentori ciascuno di uno o più database chiusi di informazioni su milioni di profili che, a partire da un accattivante modello di consumismo delle relazioni, definendo le coordinate risultanti
dall’incrocio dei propri dati determinano la posizione dell’individuo – sulla mappa del cyberspazio ed oltre – con assoluta precisione. Una determinazione che sa di determinismo nel momento in cui,  seguita da appropriati mezzi di condizionamento come pubblicità mirate e sottile inculcazione di stereotipi socioculturali in un individuo, ne
favorisce la conformazione di consumi e relazioni fino alla loro prevedibilità completa, una condizione che ingessa l’evoluzione dell’uomo e ne avvilisce l’esistenza.  

A fronte di questo, assume valore centrale l’autoformazione rispetto alla gestione delle proprie informazioni; diventa così fattibile un utilizzo tattico e contingente dei network sociali mainstream, con la possibilità
di avviare, attraversare e costruire in parallelo ed in prospettiva – con l’aiuto anche di software libero – spazi digitali non mercificati, piattaforme attente alla portabilità di dati e profili e canali di comunicazione più rispettosi della privacy, come proxy e reti decentrate. 


          
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